Ti trovi in: Home page > Archivio Magazine > Attualità della questione urbana
Raffaele Panella
Piazza dei Cinquecento come nuova porta di Roma Città Museo Progetto redatto da Raffaele Panella nell’ambito della ricerca Roma III Millennio le identità possibili, a cura del DAAC e dell’ACER – Palazzo delle Esposizioni, Roma 2000
Poco meno di un anno fa, a conclusione del lavoro di selezione e di orientamento dei contributi sul tema del rapporto Comunità-Architettura, che aveva caratterizzato la quinta edizione del Festival, abbiamo avuto modo di concludere – riguardo al destino della città – che tramontata l’epoca dell’utopia non ci restava che l’opera paziente di raccogliere, classificare i frammenti di una città possibile, che sentivamo più vicina ai problemi di riqualificazione del nostro contesto. Avevamo anche speso molte riflessioni per dimostrare che la nostra città possibile non era il modello della fenomenologia urbana planetaria, per il carattere assolutamente singolare del suo contesto. Ovviamente non negavamo l’esistenza di spinte tipiche del mondo contemporaneo, quali la perdita di tensione dei fattori tradizionali di localizzazione non solo delle industrie, quanto piuttosto delle funzioni centrali (che hanno costituito l’impalcatura della struttura urbana moderna) e l’enorme espansione delle comunicazioni materiali e immateriali, ma suggerivamo che alla base di questa diversità, tutta europea, ci fosse proprio il carattere ormai consolidato dell’assetto insediativo continentale associato al diverso gradiente dello sviluppo economico rispetto ai paesi asiatici, in particolare, nei quali si va registrando, oggi, in forme a dir poco colossali quell’urbanesimo che si è realizzato da noi due secoli fa.
Ebbene, la crisi che stiamo attraversando come paese e come Europa conferma la nostra distanza dai modelli prodotti dall’inarrestabile sviluppo del nuovo asse Cina-India-Brasile (magari con l’aggiunta del Sud Africa, della Russia, e di una molteplicità di paesi asiatici).
Il fatto è che noi non solo siamo lontanissimi da queste realtà nuove, ma perdiamo terreno anche nei confronti dell’Europa, per il drammatico intreccio tra ritardi storici di pezzi interi del paese e di interi settori e l’assenza nelle nostre classi dirigenti di una cultura dello sviluppo da cui solo può nascere il progetto di una nuova società e di una città nuova. Questo paese ha perso veramente la memoria degli avanzamenti segnatamente culturali costruiti in sessanta anni di storia repubblicana. Gli è che siamo letteralmente stupefatti dinanzi alla riduzione in termini economicistici della sopravvivenza o meno degli enti locali sul territorio (piccoli Comuni, ma anche Province), quando il nocciolo vero del problema è la questione urbana tout court. Come è possibile che nessuno ricordi più gli studi sul Comprensorio e l’area metropolitana come dimensione significativa sotto il profilo urbanistico, infrastrutturale, produttivo e – perché no – culturale? Il necessario riordino delle modalità di governo del territorio si faccia assumendo la complessività dei fattori geoantroplogici, storici e socio economici che creano nel nostro paese reti di straordinario valore, che attendono solo di essere razionalizzate. Non si tratta di abolire i Comuni con meno di mille abitanti, ma di associare tutti i Comuni in dimensioni territoriali significanti per l’economia e la qualità urbana, considerando lo sviluppo – che comunque c’è stato – delle comunicazioni materiali e immateriali. Avremo Comprensori, Comunità vallive e di monte, città metropolitane, con uno standard di servizi impareggiabile rispetto all’oggi.
L’assenza di un patto sociale “anche” sulla questione urbana è uno dei tanti segni della crisi; eppure, è proprio in questi frangenti che si creano reali opportunità di cambiamento.
Per questo noi non ci arrendiamo e continuiamo a mettere insieme i pezzi di una città possibile, rivalutando con rigore tutte le elaborazioni sin qui condotte dalla cultura della città. Si tratta di tornare a lavorare sulle centralità nella formazione dei nuovi sistemi urbani, di andare più a fondo sul significato dei luoghi collettivi urbani, di ribadire la mixité, di mettere a punto nuove tecniche per la ricostruzione della città dal suo interno, che da sola riassume il significato storico del riaprire la questione urbana nell’attuale contingenza.
Raffaele Panella è Ordinario di Composizione architettonica e urbana alla Facoltà di Architettura Ludovico Quaroni, Sapienza Università di Roma.