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Luca Monica
L. Semerani, A. Gallo, G. De Michiel, F. Ferretto, Progetto per il distretto di Ling Gang della città di Tianjin, presentato all’Expo 2010 di Shanghai su invito dell’Accademia di San Luca. Planimetria generale.
Luciano Semerani, La metropoli non è una città, Università Iuav di Venezia, Venezia 2010
Ripercorrere un tema di architettura come quello della grande città a partire dalle esperienze di ricerca e di progetto degli anni Sessanta e Settanta nate dal crogiuolo di quello che è stata la Scuola di Venezia è un esercizio ancora oggi necessario. Necessario razionalmente, perché a partire da quelle esperienze sono stati fissati principi propri dell’architettura ancora riconoscibili alla scala urbana e come sospesi rispetto agli esiti della scala dell’edificio.
Così Semerani, a partire dal progetto che è l’occasione del libro, per il distretto di Ling Gang della città di Tianjin, presentato all’Expo 2010 di Shanghai su invito dell’Accademia di San Luca, ripercorre, andando a ritroso, il progetto per il Parco Metropolitano del Nord-Est nella campagna centuriata presso Padova (2002), il progetto per Milano Est per la Triennale di Milano (1995), il progetto di concorso per il Centro urbano di Trieste (1969), infine il progetto di concorso per la Nuova sacca del Tronchetto a Venezia con Giuseppe Samonà (1964).
Questo primo-ultimo progetto è senz’altro paradigmatico di una stagione fecondissima sul problema della crescita e trasformazione della città storica in “grande città”, sul quale si sono innestati i lavori di un’intera generazione, non solo degli allievi di Samonà (insieme a Semerani, Polesello, Dardi, Aymonino, Canella, Rossi).
Il progetto capostipite e generatore di queste tematiche è stato in realtà quello di poco antecedente, del 1962, per il Centro direzionale di Torino, dove il gruppo di Samonà, con appunto Semerani e gli altri allievi, avrebbe fissato i problemi compostivi della grande scala. In mezzo va poi segnalato il progetto di Carlo Aymonino per il Centro direzionale di Bologna (1967).
Tuttavia Semerani si concentra su alcuni problemi compositivi caratteristici del progetto veneziano per il Troncetto, fissati allora per la prima volta e ancora oggi sostanziali.
“Con “Novissime” sono state individuate alcune questioni relative al futuro della città europea e alcune tecniche di intervento tra loro complementari.
– La necessità di isolare la città antica dagli altri territori della metropoli a sviluppo illimitato.
– La necessità contestuale di demolire, anche per i loro costi sociali, le superfetazioni periferiche e i manufatti (come i ponti ferroviario e automobilistico), derivati da tecniche urbanistiche e trasportistiche del XIX secolo, incapaci di risolvere le dinamiche e i pesi del XXI secolo in termini di sostenibilità.
– La necessità di realizzare nuove tipologie di trasporto affidando alle relative infrastrutture il compito di dar forma alle nuove relazioni spaziali” (pag. 45-46).
Non c’è dunque nessuna nostalgia o anacronismo o chiusura nel passato nel riguardare a queste architetture e a questa stagione di esperienze. C’è anzi un procedere molto razionale, a volte, come adesso, necessario dove serve voltarsi indietro e ripercorrere episodi antecedenti.
In più, Semerani sembra rigenerarli a partire da un principio figurativo mai come adesso spinto all’estremo e felicemente inaspettato. Un principio formalistico iconico nel rappresentare forme e figure planimetriche e architettoniche “parlanti” a sostegno di impianti tipologici molto integrati. Oltre alla lezione di Giuseppe Samonà, Semerani ripercorre oggi alcune esperienze assolutamente iniziali della cultura architettonica moderna, esperienze quasi esoteriche, prima fra tutte quella del Suprematismo di Malevich sul finire degli anni Dieci, ripreso in recenti appassionanti lezioni.
Da queste esperienze puramente figurative, Semerani ricostruisce nei suoi nuovissimi disegni un possibile paesaggio architettonico e funzionale della città nella metropoli di Shanghai, cresciuta nell’ “economia di mercato di stampo cinese”.
“Si tratta di una tridimensionalità policentrica che non si articola sui tre assi cartesiani ma piuttosto ricorda le immagini delle galassie, una rotazione dei piani nello spazio ed un equilibrio asimmetrico realizzato da corpi eterogenei grandemente distanziati, una sorta di spazio cosmico che riflette la nostra coscienza culturale della contemporanea esistenza dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande, entrambi racchiusi nelle sistole e nelle diastole di un cosmo finito e puntiforme” (pag. 10).
Ma l’idea di uno spazio urbano “cosmico”, di una “meccanica celeste” delle funzioni urbane non è forse quello praticato dalle avanguardie più sofisticate? Da quelle riferibili ai linguaggi delle architetture “rivoluzionarie” che dall’Illuminismo al Costruttivismo hanno fissato le tecniche di una costruzione fisiocratica “antiurbana” della città?
Certamente, dunque, per Luciano Semerani, nelle sue Considerazioni sulla città futura o, meglio, sulle nuove metropoli a sviluppo illimitato, la “metropoli” non è una “città”, ma più facilmente ed efficacemente, forse, una concreta “anticittà”.
Luca Monica è Ricercatore presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano e membro del Collegio docenti del Dottorato di ricerca in Composizione architettonica dell'Università IUAV di Venezia.