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Abstract
Il bel progetto per la Kaiserkarree di Karlsruhe è assunto come esempio di un modo di intervenire sul tessuto storico della città compatta nella definizione dei suoi spazi pubblici.
“Prima la città, poi la casa”, questo è senza dubbio un principio guida del nostro lavoro. La facciata di un edificio modernista che non aveva oramai più alcuna corrispondenza con la pianta e con il tessuto storico della città, viene ricostruita secondo il piano di Weinbrenner.
Proviamo ad immaginare di dover restaurare un quadro barocco da, forse un dipinto del Canaletto, che rappresenta una bella città. L’immagine ha un difetto, non così evidente, ma lì, dove c’erano due case prima ben visibili, una macchia occupa la superficie. Abbiamo tre possibilità di intervento:1. Tentiamo una ricostruzione servendoci di vecchie fotografie, che ci permettano di restituirci l’opera d’arte com'era; 2. Dipingiamo una forma totalmente nuova e moderna che non copra interamente la macchia. Chiunque capirebbe che è un’operazione fatta nel 21° secolo; 3. Aggiungiamo l’edificio mancante di modo che la persona comune non percepisca il restauro. Ad un secondo sguardo ravvicinato, l’aggiunta potrebbe essere rilevata. Probabilmente un esperto si interesserebbe al nostro lavoro, perché il suo occhio lo saprebbe apprezzare.
Noi vorremmo applicare questo semplice modo di pensare alla città e ai suoi edifici. Per secoli è sembrato spregevole integrare parti di città come si fa con le correzioni grammaticali. Per vergogna o imbarazzo gli architetti moderni hanno operato sotto la minaccia di una clava “morale”. Chi si affidava alla storia non faceva parte del circolo esclusivo degli architetti d’avanguardia. Il progresso è stato il “vitello d’oro”, da cui tutti hanno tratto giovamento.
Noi stessi, che avevamo imparato che persiane e tetti spioventi erano scelte imbarazzanti, che per una casa non si dovevano usare più di uno o due materiali o che l’identità di ogni nuovo progetto debba distinguersi inequivocabilmente dall’esistente, improvvisamente ci troviamo di fronte ad una situazione che ci fa capire che questa presunta libertà, che trovava espressione nelle conquiste della tecnica, fondamentalmente si basava su una storia molto breve. Se una porta si apre in ogni casa da molti anni, solo da poco siamo consapevoli di quanto sia ricca l'arte di costruire. Si deve solo capire che i cambiamenti in architettura non si devono leggere lungo un asse lineare, tutto teso verso un progresso delle tecniche edilizie, ma in relazione alla natura specifica dei differenti modelli spaziali e culturali, indipendentemente dalle epoche storiche. Come in letteratura non si può affermare che Goethe sia più progredito di Montaigne o Sartre di Strindberg o che l’architettura dei secoli successivi non possa essere definita né migliore né peggiore di quelli precedenti. Ciò non significa pensare che la attuale sia peggiore delle altre epoche. Ma è giunto il momento di liberarsi dal zelo missionario, che ha imposto il moderno come la regola giusta e migliore tra tutti i diversi mondi possibili.
Qualche anno fa, dopo aver vinto un concorso per la costruzione di un edificio commerciale, abbiamo ricevuto molte critiche. Venne aperta una petizione da parte di un gruppo di cittadini, guidata da colleghe e colleghi architetti. Per quale motivo?
Karlsruhe è uno degli esempi più famosi di città barocca. Non esiste nessun libro di architettura urbana che non associ la pianta di questa città alla forma di un ventilatore. Non meno famosa è l’espansione della città da parte dell’architetto neoclassico Friedrich Weinbrenner. Egli disegnò un modello di pianta della città collocando in una posizione di primo piano i principali edifici pubblici, quali la chiesa e il municipio, scondo particolari regole. Per lo sviluppo delle residenze, Weinbrenner progettò modelli di case private, classificate in base al costo e alla posizione. Quindi diversi modelli di case, che potevano avere leggere variazioni prodotte dalla decorazione delle facciate. Oggi si direbbe un quadro progettuale ben definito, con fronti relativamente stabiliti, ma dove gli architetti possono ancora esercitare una certa libertà di espressione.
Dopo la guerra la piazza è stata ricostruita su tre lati, seguendo lo stile di Weinbrenner. Il lato nord si è ricostruito invece secondo uno stile modernista tipico del dopoguerra in Germania. Ad un certo punto uno di questi edifici, nel frattempo completamente ricostruito al suo interno, doveva essere rinnovato. Ma perché si sarebbe dovuto conservare la facciata moderna originale quando non c’era più nessuna corrispondenza neanche con la pianta? Non è questa una contraddizione in termini? Inoltre la richiesta di avere piani superiori più alti introduceva problemi ulteriori legati alla corrispondenza tra l'apertura delle finestre in facciata, solai e soffitto.
Ci siamo chiesti se in questo caso non sia più importante rispettare il quadro complessivo della città, con la sua piazza del mercato, piuttosto che il singolo edificio, come documento del periodo post bellico. “Prima la città, poi la casa”, questo è senza dubbio un principio guida del nostro lavoro. Perché in questo caso non si dovrebbero seguire i principi del piano di Weinbrenner? I suoi vantaggi, con le arcate nel piano basamentale, la facciata in muratura con le finestre della dimensione di quelle degli edifici vicini, le stesse proporzioni e lo stesso paesaggio dei tetti o lo stesso “conflitto angolare” che risolve in maniera chiara la relazione con le piante dei vecchi edifici?
Questo atteggiamento è probabilmente il motivo che ha fatto infuriare architetti e storici dell’architettura che hanno condannato questa soluzione come fosse un tradimento dei tempi moderni. Non capiscono che è possibile continuare a costruire una città partendo da come essa è giunta a noi. Nel frattempo la rabbia si è placata e la casa è stata costruita. “Perché?” ci hanno chiesto in molti, “il vostro progetto è stato tanto criticato?”. La città e i suoi abitanti sono soddisfatti. Quando l’edificio fu oggetto di una conferenza sull’architettura della città, Nathalie de Vries faticò ad indovinare quando fu richiesta di un parere circa il periodo in cui venne costruito, se trenta o quarant’anni fa, o molto prima ancora. Poter porre questo indovinello è per noi motivo di successo...
Arno Lederer (Stoccarda 1947), architetto, lavora a Stoccarda e a Vienna. È professore presso le Università di Karlsruhe e di Stoccarda, dove dal 2005 dirige l'istituto per la progettazione delle opere pubbliche, Dal 2007 è membro della fondazione per la cultura architettonica di Potsdam.