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Valter Balducci

Nuove centralità in periferia

La modificazione dei quartieri di edilizia sociale

Lance Routh, Tre Torri a Manchester, 2008, www.lancerouth.com - ZOOM

Lance Routh, Tre Torri a Manchester, 2008, www.lancerouth.com

Abstract

La riforma dei quartieri di edilizia sociale realizzati nel periodo postbellico appare nelle città europee come un’occasione di riordino del paesaggio delle periferie urbane. L’analisi dell’ampio patrimonio di operazioni di rigenerazione che ha investito questi quartieri con l’obiettivo della loro trasformazione in nuove centralità nella periferia contemporanea permette di cogliere diverse strategie operative in cui si coniugano istanze di continuità del progetto moderno, di metamorfosi della struttura insediativa, e di ridefinizione del rapporto tra città e natura.


Il tema della riforma dei quartieri di edilizia sociale incrocia la questione della città del XXI secolo. Se appare remota all’Europa la prospettiva di un rapido sviluppo urbano generatore anche di nuove fondazioni di città che investe attualmente diversi paesi extraeuropei, la modernizzazione delle città europee ha nella convergenza di riforma dei suoi quartieri periferici, di contenimento dell’urbanizzazione della campagna, e di preservazione dei suoi spazi naturali, un’opportunità feconda. In particolare i quartieri dell’edilizia sociale di massa costruiti nei decenni della ricostruzione post bellica appaiono un terreno fertile di riforma e riordino delle forme insediative presenti nel junkspace urbano. Possiamo chiederci se i quartieri dell’abitazione di massa costituiscono oggi dei fatti urbani riconoscibili e se possono divenire dei poli ordinatori dotati di una propria specificità insediativa, quasi dei nuovi centri urbani per i caotici territori della periferia. Questa opportunità è offerta non solo dalla dotazione di servizi che li distingue dai tessuti circostanti, o che li penalizza per la loro assenza, ma anche dalla loro morfologia derivata dal disegno urbano strutturato sulla base di un progetto di valori propri della cultura del modernismo architettonico: servizi, forme insediative e spazi pubblici che definiscono quel pezzo di città come una città pubblica, (Di Biagi, 1986) a prescindere dall’attuale regime proprietario. Un disegno urbano elaborato durante il lungo periodo, dai modelli dei primi Ciam alle esperienze molteplici degli anni settanta, e che rende riconoscibili questi quartieri dell’Housing in Europe rispetto alle lottizzazioni circostanti. Più che dal punto di vista del rinnovo energetico degli edifici o delle figure architettoniche adottate, è rispetto a questo disegno urbano che si può guardare l’ormai ampio patrimonio di realizzazioni di rigenerazione urbana che in modi diversi sperimenta forme rinnovate di centralità in periferia per comprenderne le differenze ed identificarne strategie ed ideali di trasformazione.

1. Accettare la presenza dei quartieri dell’housing sociale come insiemi urbani unitari e riconoscibili della città contemporanea significa accettarne la loro specificità insediativa. La ricerca di una loro perennità nel paesaggio della periferia apre alla prima strategia: continuare il progetto moderno conservandolo come un fatto urbano testimone di un periodo della storia della città, ma anche aggiornarlo in una prospettiva di manutenzione e di completamento del suo sistema insediativo, con un’attenzione ai valori della sua dimensione fisica e materiale ed alla preservazione della sua specifica composizione per pochi monoliti (L. Routh, Three Towers a Manchester). Il quartiere è conservato come un frammento urbano, ma non solo come testimonianza di una perduta unità teorica passata, ma anche come rivendicazione di un’attualità. Laddove si evidenzi una monumentalizzazione dei frammenti moderni (Kiefhoef di Oud, Cité Frugès a Pessac di Le Corbusier), le operazioni di rigenerazione urbana sembrano in sintonia col cosiddetto restauro del moderno volto alla ricostruzione degli originali caratteri costruttivi, tipologici e urbani (Hawkins-Brown, Park Hill a Sheffield). Ma, oltre il tema patrimoniale, l’aggiornamento del quartiere moderno prevede comunque azioni di modificazione dello stato esistente, con addizioni e sottrazioni alla scala dell’edificio (Druot-Lacaton-Vassal, Bois le Prêtre a Parigi), ed un’attenzione alla conservazione della specifica composizione urbana dei volumi solitari appoggiati al suolo. Questo paesaggio modernista è riconosciuto anche nella sua incompletezza ideale e pratica, confinando l’intervento di rigenerazione all’interno dei limiti della conservazione dei suoi principi insediativi fondamentali, della sua idea di città.

2. La critica alle volumetrie moderniste immodificabili e incapaci di accettare evoluzioni e stratificazioni nel tempo che è propria dei quartieri di edilizia sociale, costituisce una diversa prospettiva nelle operazioni di rigenerazione della periferia. L’idea è che il materiale urbano esistente sia in uno stato provvisorio, migliorabile, e che quella città sia in divenire, disponibile per un’azione di modificazione verso un assetto insediativo stabile fondato su forme urbane diverse da quella d’origine. Anticipati dal progetto di Rodrigo Perez de Arce per la radicale trasformazione del quartiere di Runcorn (1982) (Perez De Arce, 1982), questi progetti si pongono l’obiettivo di consolidare lo spazio urbano, di offrire leggibilità e gerarchia ritrovando la complessità morfologica di strade e piazze al posto dello spazio aperto alla base dei monoliti moderni, di lavorare sulle connessioni e le articolazioni col contesto. Limitate demolizioni e nuove costruzioni permettono di comporre un nuovo paesaggio eterogeneo di parti differenziate e di molteplicità di luoghi (A. Grumbach, Les Minguettes a Vénissieux, Flamants a Marsiglia), mentre la riforma della rete stradale garantisce la continuità coi tessuti urbani circostanti annullando separatezza e isolamento (Panerai, Teissière a Grenoble). Le densificazioni, le sostituzioni, le rotture e le continuità permettono una radicale trasformazione urbana (Lacaton-Vassal, Certé a Trignac), alla quale non sono estranei interventi sugli edifici, modificati nella loro morfologia, trasformando i monoliti in isolati, secondo una traiettoria inversa rispetto al percorso “de l’îlot à la barre” compiuto dalla cultura urbana nel corso del XX secolo (Panerai, Castex, Depaule, 1980). Un percorso disegnato in modo esemplare dalle operazioni di remodelage introdotte da Roland Castro (Lorient; Villeneuve-la-Garenne) (Castro, Denissof). Spezzare i lunghi volumi lineari, ridurre l’altezza delle torri, ispessire le morfologie degli edifici ed aggiungerne dei nuovi permettono di formare isolati definiti da strade ma racchiusi da edifici che simulano la costruzione per parcelle della città (Becker-Giseke-Mohren-Richard, Marzahn; KSP Architekten, “Neue Burg” a Wolfsburg; Lyoner Viertel a Francoforte sul Meno). Si aumentano le densità, oppure si demoliscono edifici per ricostruirli in altra posizione (Von Schagen architekten, Florijn-Bijlmermeer a Amsterdam; Malvert a Nijmegen) con un effetto che è urbano prima che architettonico.

3. Una diversa prospettiva è aperta da quegli interventi che propongono un ripensamento dello spazio del suolo a partire da una rinnovata alleanza con la natura alla quale è attribuita una dimensione simbolica e attorno alla quale si pretende di poter costruire di nuovo un ambiente sociale solidale. Il quartiere di edilizia sociale è investito dalle tecniche, valori e mitologie ecologiche, in cui le ansie di qualità dell’ambiente, di autarchia energetica, di qualità del prodotto locale si incrociano con una revisione di stili di vita e di modi di abitare. Questa ridefinizione della relazione tra città e natura non si limita all’edificio ecologicamente avanzato, ma presuppone una ristrutturazione dei tessuti e una modifica dei paesaggi della periferia. Introdurre densità (residenze, attività e servizi) nei grands ensembles costituisce il suggerimento di Studio 9, Bernardo Secchi e Paola Viganò per trasformare la periferia di Parigi in una éponge di costruita sulla molteplicità dei suoi nodi, monumenti e centralità (Le Grand Pari(s)). L’accento passa dall’edificio (comunque ecologico) allo spazio aperto, variamente definito ma comunque rinaturalizzato. Ne deriva una concezione quasi pastorale dello spazio pubblico, popolato da orti e giardini didattici, da biolaghi e da ampie superfici di campagna o di bosco primitivo, luoghi d’affaccio per alloggi in cui sperimentare nuove forme di confort e di lusso (Heren 5, Dillenburg; L. Routh, Saxton a Leeds). Questa ridefinizione dello spazio del suolo dei quartieri di edilizia sociale permette di ricostruire aspetti che sembravano definitivamente tramontati, come una sorta di nuovo funzionalismo ecologico ed anche un accentuato senso della condivisione e della comunità.

Attraverso strategie di patrimonializzazione, di modificazione o di ridefinizione del rapporto con la natura, le operazioni di rigeenrazione mostrano le opportunità di questi quartieri di divenire luoghi singolari, se non veri e propri centri, della periferia. Nati come insediamenti isolati, costruiti in rottura con ogni idea di stratificazione, questi quartieri vengono oggi salvati e reimmessi nella vita urbana in nome di quella stessa idea di stratificazione contro la quale polemicamente erano stati eretti.


Riferimenti bibliografici

Di Biagi P., (1986), La costruzione della città pubblica, in “Urbanistica”, n. 85

Di Biagi P., (a cura di) (2009), Città pubbliche. Linee guida per la riqualificazione urbana, Bruno Mondadori, Milano

Perez de Arce R., (1982), Runcorn trasformata. Una verifica sulla lunga durata, in “Lotus International”, n. 32,pp. 46-57

Panerai P., Castex J., Depaule JC., (1980) Formes urbaines. De l’ilot à la barre, Bordas, Paris

Castro R., Denissof S., (2005) [Re]modeler, métamorphoser, Le Moniteur, Paris

Le Grand Pari(s). Consultation internationale sur l’avenir de la métropole parisienne, Le Moniteur, Paris 2009, pp. 169-188


Valter Balducci, architetto e dottore di ricerca in Composizione Architettonica allo IUAV, dal 2001 è ricercatore al Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna.


*Questo testo costituisce la sintesi di una parte della ricerca svolta per il Prin 2009 “Le forme dello spazio abitabile: esperienze di remodelage architettonico e urbano nei quartieri di abitazione sociale”, Unità locale di Bologna di cui l’autore è il responsabile scientifico.


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