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Francesco Primari

La Ca' Brütta di Muzio e il IV libro del Serlio

L’invenzione del linguaggio

Ca’ Brütta. Prospetto su via Turati

Ca’ Brütta. Prospetto su via Turati

Abstract
Il saggio tenta in maniera inedita di rintracciare le fonti trattatistiche della figurazione muziana, evidenziando il ruolo dell’opera di Sebastiano Serlio come punto di partenza per una operativa ricomposizione del linguaggio architettonico. La grammatica e sintassi serliana del IV libro dell’architettura è analizzata come sorgente delle soluzioni attuate nella Ca’ Brütta, definendone l’autenticità e profondità della sua genealogia ed assieme la prospettiva di lungo termine della sua eredità.


Osteggiata, poi esaltata, mitizzata e al tempo stesso dimenticata, la Ca’ Brütta, opera prima di Giovanni Muzio a Milano, ha subito alterne fortune, senza tuttavia costituire un vero oggetto di indagine, ma piuttosto una cartina di tornasole sull’esausta e vacua dialettica tra modernità e tradizione. Questo breve saggio tenta di rintracciare i materiali figurativi da cui il suo discorso architettonico si sviluppa, tentando di specificare l’origine di quegli “elementi nostrani classicheggianti dal 500 all’800” che lo stesso Muzio nel 1922 individuava come attori della composizione della Ca’ Brütta (1);  da un lato per ridimensionarne la componente metafisica, ironica e straniante attribuitale dalla critica; dall’altro, in opposizione a tale lettura, per evidenziare il carattere realisticamente operativo di un’analogica anastilosi del codice linguistico inverato nei grandi trattati dell’architettura rinascimentale, che Muzio propone come base su cui rifondare il discorso architettonico.
Vedremo come le pagine del trattato di Sebastiano Serlio offrano a Muzio i conci per una ricomposizione del linguaggio non priva di lacune e reinvenzioni: “(...) ben inteso nessuna pedissequa copia o elaborata contaminazione, ma libera scelta di ispirazione, e direi che questo classicismo non fu che la pietra di paragone alla quale misurare le proprie fatiche, perché ogni elemento suoni giusto e il sapore risulti schietto.” (2)
È dunque da questa serie di figure con didascalie del trattato serliano che è possibile guardare con più chiarezza alla genesi formale della Ca’ Brütta e ripercorrere il solco di una vera e propria Baukunst del linguaggio. Dalla natura apparentemente ateoretica e tutta visuale dell’opera serliana Muzio acquisisce le basi di una grammatica per la costruzione di un sistema semantico, capace di restituire un idioma riconoscibile allo spettatore, ormai assuefatto alla babele eclettica umbertina. E quale trattato migliore di quello di Serlio ad indicare la via sicura per un ritorno ad una langue da sempre conosciuta, quella classica? Un sistema aperto quello serliano, che a fronte del suo rigorismo vitruviano di facciata si poneva a sua volta il problema di reinterpretare il linguaggio della classicità  in senso progressivo riportandolo ad altri temi – ad esempio quello della casa adeguata ad ogni condizione sociale – e ad altri contesti – quello francese – fornendo un materiale, quello degli ordini, in un’inedita sequenza logica e proporzionale e al contempo proponendone da subito brevi sintassi e verifiche applicative. Questa tangenza con il testo serliano mette in luce l’approccio autentico e genuino che Muzio intrattiene con il classico e con la trattatistica, raccolta personalmente in una vastissima biblioteca (3), non per mera bibliofilia, ma come fonte inesauribile di immagini, exempla, realizzazioni, pronte per essere ancora verificate nel processo inventivo. Ecco perché proprio Serlio diventi la sorgente di possibili analogie; forse il più didattico tra i trattati nel mostrare le regole di composizione dell’arte del costruire; ecco perché nel IV libro – quello fondativo della grammatica e sintassi serliana – si trovino il maggior numero di parallelismi con l’opera muziana.
Una prima analogia con il testo serliano è possibile riscontrarla nel fronte su via Principe Umberto (oggi Turati): la porta che introduce alla strada interna appare come una meditazione intorno alla serie di porte di città che Serlio mostra come esempi applicativi dell’ordine toscano nelle prime pagine del IV libro. Lo testimonia non solo lo schema morfologico: la composizione cioè di un’apertura centrale ad arco con due porte di soccorso ai lati. Ma è la stessa rappresentazione in sciografia del disegno muziano che ne rivela la paternità ideativa. La versione priva di ordine architettonico, risolta in opera rustica, è prevista negli esempi serliani (foglio VIIIIv) e nell’invenzione muziana conferisce un tono adeguato al ruolo urbano del fronte stradale, di cui garantiva così la richiesta continuità, senza entrare in contraddizione con il carattere più privato della strada interna. Questa soluzione viene poi combinata da Muzio con un’altra figura serliana: si tratta dell’ambulatione composta da un pergolato ligneo arricchito da intrecci ad arco che conclude in altezza la composizione di facciata presentata al foglio XLIIIIr; composizione che Muzio riprende, trasformandola e ponendola a connotare la sommità del portale arcuato, definendone in questo modo chiaramente il carattere colloquiale.
Anche l’idea generale dei due fronti su via Principe Umberto appare declinata nei suoi tratti essenziali dalle case “veneziane” proposte nei fogli XXXVr e XXXVIr del IV libro. Esse infatti presentano un sistema tripartito di facciata, con un alto basamento; ma è la verifica proporzionale ad assicurare il parallelismo: non solo infatti la proporzione generale tra base e altezza dei due fronti muziani è identica agli esempi serliani, ma Muzio pur utilizzando un basamento più alto rispetto ad essi – tre piani anziché due – non tradisce il precetto proporzionale serliano disposto per queste case: “Tutti gli altri ordini sopra ordini vogliono minuir la quarta parte in altezza: ma in questo caso, per mio aviso, cominciando la compartition de le colonne sopra questo sodo; vuol ella esser di altrettanta altezza, quanto il primo: percioche se’l Rustico fosse la quarta parte maggior del Dorico di mezzo, e’l terzo ordine la quarta parte minor del secondo; saria questo terzo ordine troppo minuto, e’l primo saria di troppo altezza.” Così anche nei prospetti su via Turati il basamento è alto quanto i tre piani superiori, ed ecco perché al sesto piano spunta inaspettatamente un ordine dorico di proporzioni molto schiacciate; non per un intento deformativo, ma perché esso è la parte che riaffiora carsicamente dai piani quarto e quinto che fin lì lo avevano celato. Muzio riflette in questo modo sulla disponibilità degli ordini a rappresentare la domesticità della casa.
Ancora sopra, l’edificio arretra secondo uno schema tipologico della maison de rapport francese e termina poi con un’altana – altro chiaro riferimento veneziano poi demolito – che avrebbe fatto raggiungere alla parte sommitale dell’edificio una quota pari a ¾ dell’insieme dei piani nobili secondo la regola serliana della diminuzione progressiva di ¼ di ordini sovrapposti.
Ma a ben vedere è l’intero repertorio della facciate presentate da Serlio nel IV libro a sembrarci la traccia morfologica delle soluzioni compositive della Ca’ Brütta. Nell’articolazione muraria serliana Muzio trova riflessa una ricerca che coinvolgerà tutta la sua opera e che concerne il valore della profondità tettonica del muro e i suoi valori luministici. In particolare se si osservano le case incise ai fogli XXXIr, XXXIIr e XXXIIIr si vede come in esse si possono trovare tutti gli elementi grammaticali utilizzati da Serlio e da Muzio per descrivere la costruzione muraria, anche in sostituzione degli ordini architettonici; Serlio infatti prescrive che “li ornamenti de li nicchi siano a perpendicolo de le colonne, e cosi li vani d’essi nicchi siano quanto li vani d’esse colonne”. È chiaro il ruolo alternativo all’ordine che il sistema di nicchie assume nell’architettura serliana; sarà questa possibilità che Muzio coglierà nel tentativo di proporre un linguaggio classico depotenziando il ruolo degli ordini a favore di un architettura muraria più domestica. Saranno a questo punto le nicchie, le specchiature, i bassorilievi, i fastigi a timpano o a remenato, le cornici, le edicole, a costituire gli elementi del linguaggio architettonico, delimitando e descrivendo i campi vacui lasciati dall’ordine.
La varietà delle nicchie che Muzio utilizza è inoltre in assoluto accordo con le ricostruzioni combinatorie di nicchie differenti ricomposte da Serlio come frammenti antichi accanto ad una apertura, mostrate nelle tavole XIIv e XIIIr “(...) per dimostrare la diversità dei nicchi che a tal opera si possono accomodare” in modo che “l’Architetto giudizioso se ne potrà servire per porgli ai luoghi suoi.” Sono veri propri morfemi, brevi sintassi, che Muzio reinterpreta e riutilizza per scrivere di nuovo un linguaggio analogo dell’architettura; mai citazioni letterali né filologiche archeologie, ma matrici della figurazione, punti di partenza sui quali misurare un principio di adeguatezza ai problemi presenti, in grado di suggerire soluzioni a temi concreti, come ad esempio quello di conferire carattere architettonico a brani del tessuto murario privi di aperture o con pieni in asse; si veda in questo senso la composizione serliana al foglio XVIIr.
Anche l’uso sintatticamente spiazzante che Muzio fa dell’opera rustica – incisa piuttosto che dipinta – assegnata per parti ad alcuni brani edilizi in piani mai basamentali, può essere ricondotto all’uso spregiudicato che Serlio fa dell’ornamento rustico in combinazione agli ordini architettonici per modularne in maniera nuova il carattere. E ancora gli illusionismi prospettici definiti sulla facciata della Ca’ Brütta come trompe-l’oeil costruiti si sostanziano della memoria di tutto il linguaggio sciografico del disegno serliano.
Questi dunque sono “gli schemi essenziali e gli elementi universali e necessari dell’architettura […] sempre veri” sopravvissuti “in espressioni stilistiche volta a volta diverse” (4) che ci è parso di rintracciare nel confronto con l’opera serliana. Quale il loro ruolo nel montaggio delle parti che compongono la Ca’ Brütta? Sebbene lo stesso Muzio in essa ravviserà una sorta di “composizione frammentaria” (5) non riscontriamo nessuna compiaciuta poetica del frammento: le cesure che ritmano l’impaginato di facciata si spiegano in prima battuta ad un livello tipo-morfologico che non investe direttamente i problemi di figurazione della facciata; essa infatti è una casa fatta di case, individuate spesso da un semplice schema di tripartizione triadica, e accostate l’una all’altra in modo paratattico così da declinare il tema dell’edificio per abitazione in relazione ai contesti sui quali di volta in volta insiste. Ne consegue che la dispositio degli elementi decorativi assecondi le pause imposte da questa scomposizione generale in cui l’isolato si svolge. Al contrario i temi serliani della facciata si presentano come elementi linguistici unificanti la poliedricità tipo-morfologica dell’isolato. Ruolo tutt’altro che ironico e spaesante conferito al linguaggio, ma al contrario seriamente costruttivo.

Note
1. Note illustrative all’opera, in “Architettura e Arti decorative”, anno II, Fasc. II, ottobre 1922, p. 93.
2. Giovanni Muzio, Alcuni architetti d’oggi in Lombardia, in “Dedalo”, fasc. XV, agosto 1931, p. 1093.
3. Muzio possiede una copia dell’edizione del 1551 dei primi cinque libri dell’architettura di Sebastiano Serlio. Mentre le immagini utilizzate in questo saggio – con la relativa numerazione – sono tratte dall'edizione del 1537; ora in Sebastiano Serlio, L'architettura. I libri I-VII e Extraordinario nelle prime edizioni, a cura di F. P. Fiore, 2 voll., Il Polifilo, Milano 2001.
4. Giovanni Muzio, Alcuni architetti d'oggi in Lombardia, cit., p. 1093.
5. Giovanni Muzio, in Guido Canella et al., Struttura e tradizione architettonica. Incontro con G. Muzio, in “Hinterland”, n. 13-14, gennaio-giugno 1980, p. 38.

Bibliografia minima di riferimento sulla Ca’ Brütta
- Bossaglia, Rossana, Giovanni Muzio. La Ca’ Brütta, in L’art Déco, Laterza, Roma-Bari 1984, pp. 75-80.
- Burg, Annegret, Novecento milanese. I novecentisti e il rinnovamento dell’architettura a Milano fra il 1920 e il 1940, Motta Editore, Milano 1991, pp. 49-56.
- Calvenzi, Giovanna (a cura di), Operazione Ca’ Brütta 1921-2016,  catalogo della mostra tenuta al Castello Sforzesco di Milano, Sala del Tesoro - Sale Viscontee, 15 aprile -10 luglio 2016, Contrasto edizioni, Roma 2016.
- Cesaroni, Silvia, Giovanni Muzio, architettura civile e classicità, in Giulio Ernesti (a cura di), La costruzione dell’utopia. Architetti e urbanisti nell’Italia fascista, Edizioni Lavoro, Roma 1988, pp. 103-119.
- Ernesti, Giulio, Ca’ Brütta, Milano, 1919-1922, in Sergio Boidi (a cura di), L’architettura di Giovanni Muzio, catalogo della mostra, (Milano, Galleria della Triennale, 20 dicembre 1994 - 19 febbraio 1995), Editrice Abitare Segesta, Milano 1994, pp. 155-158.
- Irace, Fulvio, Ca’ Brütta, Officina Edizioni, Roma 1982.
- Irace, Fulvio, Giovanni Muzio 1893-1982. Opere, Electa, Milano 1994, pp. 60-89.
- Irace, Fulvio , Giovanni Muzio. La Ca’ Brütta restaurata, in “Casabella”, n. 860, aprile 2016, pp. 9-27.
- Muratore, Giorgio (a cura di), Giovanni Mu­zio. Tre case a Milano 1922 1930 1936, Clear, Roma 1981.
- Muzio, Giovanni, La Ca’ Brütta, in Milano 70/70. Un secolo d’ar­te, catalogo della mostra (Milano, Museo Poldi Pezzoli, 28 aprile - 10 giugno 1971), vol. II, dal 1915 al 1945, Editrice Edi Stampa, Milano 1971, p. 178.

Francesco Primari
nasce il 10 luglio 1977 a Pesaro.
Diplomato al Liceo Classico “Mamiani” di Pesaro, si laurea in Architettura nell’aprile 2006, allo IUAV con la tesi: Per la città: sei progetti di riqualificazione del margine del centro storico di Pesaro.
Sempre allo IUAV nel marzo del 2012 diviene “Dottore di ricerca in composizione architettonica” con la tesi di dottorato: La costruzione della città. Le case Bonaiti e Malugani di Giovanni Muzio a Milano.
Dal febbraio 2013 al maggio 2015 svolge attività di ricerca come assegnista presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, sede di Cesena, dove dal 2006 è tutor alla didattica nei corsi di progettazione architettonica.
Porta di città. Foglio VIIIIv, dalle “Regole generali di architettura di Sebastiano Serlio”

Porta di città. Foglio VIIIIv, dalle “Regole generali di architettura di Sebastiano Serlio”