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Luigi Pavan
palazzo Sturzo su via Astrono (foto L.Pavan)
Lontano dal clamore di altre occasioni, dedicate a celebrati interpreti del modernismo novecentesco, il comitato promotore* del convegno itinerante per il centenario della nascita di Saverio Muratori ha inteso avviare un ripensamento della fortuna critica e dell'opera di un maestro la cui conoscenza è rimasta a lungo invischiata da incomprensioni, anatemi e sbrigativi disconoscimenti.
Il senso di una crisi postilluminista e la consapevolezza del dissidio inconciliabile tra saperi tecnici e realtà interiore sostanziano filosoficamente il sistema muratoriano, forse l'unica teoria compiuta dell'architettura italiana del '900. Se Terragni si incarna nella Casa del fascio o i Bbpr nella Velasca, è nel prediletto Palazzo Sturzo all'Eur, l'edificio più censurato del secondo ‘900, che Muratori trasferisce l'eredità della sua lezione compositiva: la ricercata solennità della sede del potere, esito di una estenuata contesa concorsuale con Libera per la sede della Democrazia cristiana, raccoglie in via traslata le tracce del territorio, i segni, le civiltà che si sono succedute in un confronto ultimativo, orgoglioso e inattuale, con il senso del luogo.
Sotto un profilo di senso, palazzo Sturzo si propone come evento irripetibile che apparentemente scardina la stessa pretesa fondativa affidata al ruolo del tipo nella teoresi muratoriana ma, al contempo, conferma la libertà espressiva riservata all’edilizia specialistica: risposta multiforme e deformata di più sollecitazioni testuali convergenti in una lectio inattesa, quasi un hapax, il palazzo è intriso della storicità di una tradizione formale e culturale d’area; un edificio-palinsesto che vive di più temi sovrapposti, sovrabbondanti la mera destinazione terziaria. L'adesione al luogo, mentale più che fisico, si distilla faticosamente in venti varianti progettuali tese a definire la natura e lo stacco della base, il partito architettonico, l'aggetto delle cornici. L'impianto è sicuro: il volume in laterizio rimanda, su tutti, a palazzo Farnese ma la spazialità della corte qui sublima in una rappresentazione traslata del modello aulico. Similmente lo svuotamento del piano terra, che attinge al palazzo dei Conservatori, o la rinuncia alla strutturalità dell'angolo si scostano dalla pedissequa adesione al tipo del palazzo romano. Una tensione plastica quasi manierista ricorre in tutti i dettagli decorativi - marcapiani, fasce o timpani - perseguendo una pienezza michelangiolesca mentre l’ampio aggetto della cornice sommitale si riferisce ad ascendenze antiche, ostiensi, che già risuonavano nei quartieri della Roma novecentesca.
La distribuzione interna commenta vitruvianamente la triplice natura concettuale dell’organismo architettonico: due opposti nuclei sono divisi da un terzo, il vuoto del cortile d'onore, sotto le spoglie di una triadicità che, nelle fasi preliminari, inseguiva la cadenza strutturale della basilica di Massenzio. Il radicamento al suolo, enunciato dal chiaroscuro ritmico del portico, è ulteriormente ribadito dallo stacco del podio che aumenta l’aura, la perentorietà formale quasi in senso statuario, di oppositiva alterità rispetto ad un intorno urbano poco definito.
Alla chiarezza piantistica e tipologica fa controcanto l'ambiguità costruttiva: l'iperbole plastica del porticato cementizio sostiene il blocco laterizio soprastante che, commentato dalla partitura ritmica delle forature, è tuttavia inciso dalla successione dei nastri di finestre lungo tutto il perimetro. La massività del mattone romano è infatti chiamata a rivestire il telaio cementizio per conferire maggior congruità ambientale ma, soprattutto, per “caricare” visivamente la struttura in modo dissimile dagli esempi coevi, inadeguati a rappresentare l'atto tettonico.
Conformemente alle sua teoria dell’ambientamento strutturale, secondo Muratori l’architettura è una metafora della città e del vivere sociale: non divisa in parti sezionate e autonome, ma composta di elementi interagenti come in un organismo vivente.
Luigi Pavan
Docente a contratto Icar/14 a Firenze, Udine e Venezia
* Comitato composto, oltre dallo scrivente, da allievi diretti, studiosi ed estimatori: tra questi Enrico Bordogna, Giancarlo Cataldi, Gianni Fabbri, Gianluigi Maffei, Nicola Marzot, Angelo Torricelli e Franco Purini. Dopo l'incontro inaugurale di Modena sono attese, nel corso del 2011, le giornate di Venezia, Roma, Genova, Milano e Delft.
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