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Marina Montuori
I workshop estivi della Facoltà di Architettura (detti anche laboratori intensivi) sono stati introdotti all’Università Iuav di Venezia a livello sperimentale nell’a.a. 2002, e sono giunti nel 2011 alla decima edizione.
Questa iniziativa, nata per mettere a punto nuove modalità didattiche per quello che all’epoca veniva definito “nuovo ordinamento”, noto ormai come “3+2”, è stata voluta e messa in atto dall’allora preside Carlo Magnani ed è stata continuata da Giancarlo Carnevale che gli è succeduto dal 2006.
Nel corso di due lustri la formula dei workshop si è andata perfezionando fino a coinvolgere tutti gli studenti del triennio della Facoltà di Scienze dell’architettura e allargando la partecipazione anche a piccoli gruppi di stranieri provenienti da università convenzionate, per un totale di circa duemila partecipanti all’anno. Ognuno dei trenta laboratori che occupano tutto il “campus” dell’Iuav a Santa Marta (l’ex Cotonificio e i Magazzini Ligabue) è diretto da uno o al massimo due docenti coadiuvati da due o tre tutor. Questi workshop fanno ormai parte dell’offerta formativa, danno diritto a sei crediti e durano tre settimane (le prime del mese di luglio). Almeno due terzi dei laboratori sono affidati a professori “esterni”, provenienti non solo da altre scuole italiane, ma anche dall’estero e i corsi, in molti casi, sono svolti in lingua inglese. L’elenco dei protagonisti che si sono alternati in questo arco di tempo ammonta a 326 docenti e a oltre 700 tutor. Per citare solo alcuni tra i nomi più rappresentativi di una schiera composta non solo da accademici, ma anche da personalità di spicco del panorama internazionale, basti ricordare figure di maestri “storici” come Yona Friedman, Ricardo Porro, Joseph Rykwert, Paolo Soleri, Elias Zenghelis, personalità come gli Archizoom (Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello). Prestigiosi docenti italiani sono comparsi sulla scena contemporaneamente a moltissime guest-star straniere come: João Luís Carrilho da Graça, Carlos Ferrater, Manuel Gausa, Satoshi Okada, Carme Pinós, Eduardo Souto de Moura, Benedetta Tagliabue, Guilermo Vasques Consuegra, solo per fare alcuni nomi.
Ma «i protagonisti veri – scrive Giancarlo Carnevale – sono gli studenti in gruppi misti [ovvero senza distinzione tra anno di corso, n.d.r.]; a loro si rivolge questa offerta che non ha paragoni con nessuna altra formula. I workshop sono una pratica formativa ormai diffusa e anche avvalersi di docenti esterni appartiene ad esperienze didattiche largamente praticate, ma quello che rende unico il modello della Facoltà di Architettura di Venezia è la presenza sincronica (e prolungata e intensa) di ben trenta diversi workshop e la conseguente opportunità di confronti tra metodi e scuole di pensiero tanto diverse e in così gran numero rappresentate. I workshop sono un’occasione di sprovincializzazione, di impatto – anche traumatico, a volte – con una didattica diversa, in alcuni casi proveniente da altre realtà culturali e politiche. costituiscono un modo di lavorare differente. Non a casa propria ma a scuola, non da soli ma in gruppo, non con i propri tempi ma a cadenze obbligate, imparando a confrontarsi dialetticamente, a gestire conflitti e alleanze, simulando – insomma – quelle che saranno le condizioni di lavoro reali nella pratica progettuale adottando spesso temi che stabiliscono sinergie tra didattica e domanda del territorio».
Una mostra finale conclude questa kermesse esibendo risultati ogni anno più sorprendenti, dal momento che il clima di lavoro corale spinge alla competizione in una grande avventura collettiva.
L’unicità di questa esperienza – a mio avvio – e il suo valore aggiunto consiste anche nella continuità della documentazione del lavoro svolto. Ogni anno è stato edito un volume che illustra ampiamente i risultati raggiunti. E in più nel 2007, all’interno dei trenta workshop (coordinati da Esther Giani) il neo preside Giancarlo Carnevale inserisce una sperimentazione ulteriore non indispensabile (ma rivelatasi utile), quasi una sfida all’interno di una formula didattica che dovrebbe occuparsi fondamentalmente del progetto: la redazione di un quotidiano che determina una ulteriore apertura verso l’esterno. Oltre cento pagine da riempire in tre settimane (ancora una volta i protagonisti sono gli studenti), divise in 14 numeri, che ingoiano un minimo di 44.000 battute al giorno per un totale di 620.000, da ordinare, da mescolare ad immagini accattivanti, insomma… da comporre sperimentando una differente sindrome di ansia progettuale: quella di separare e riunire, di montare e smontare continuamente, di decidere modalità di stesura e di impaginazione. Un quotidiano stampato regolarmente in 2.000 copie e distribuito ogni giorno nelle aule per aggiornare docenti e studenti dell’operato degli altri “laboratori intensivi”, attraverso interviste, sintesi di lezioni ex-cathedra, di dibattiti e conferenze, per fornire una “istantanea” del complesso e articolato universo dei workshop.
La prima uscita del giornale del 2007 è stata messa a punto da Sergio Polano, che riuniva in sé il ruolo di docente, direttore scientifico e capo redattore di uno sparuto gruppo di studenti della Facoltà di Architettura “aspiranti giornalisti”, coadiuvato da Enrico Camplani, in veste di coordinatore dell’immagine grafica, guida e mentore di allievi del Corso di laurea in Design, i quali sperimentavano impaginazioni, decidevano format, corpi e caratteri tipografici.
Dal 2008, lo staff redazionale si amplia: Enrico Camplani conserva il coordinamento della redazione grafica, la sottoscritta subentra a Sergio Polano, coadiuvata da Massimiliano Botti, e al quotidiano si affianca un blog diretto da Massimiliano Ciammaichella. Questa formazione permane quasi inalterata fino al 2010, anno in cui il giornale si denomina «W.a.ve.», acronimo di “Workshop, architettura, Venezia”. Nel 2011, Leonardo Sonnoli (che peraltro accoglie la notizia della vincita del “compasso d’oro” proprio ai primi di luglio) subentra a Enrico Camplani e contribuisce all’escalation mediatica degli strumenti di informazione con una vera e propria rivoluzione della veste grafica del giornale, liberando la composizione da gabbie rigide, studiando meticolosamente le variazioni cromatiche, l'allineamento dei testi, gli effetti emotivi generati dalle foto. I testi emergono con forza dalle pagine stampate con le cromie tenui delle carte colorate e la copertina diventa il regno dell'architettura effimera, rappresentata da strutture temporanee che spuntano nel paesaggio veneziano. La testata vera e propria figura in “quarta”.
La principale sorpresa del 2011 consiste, peraltro, nello sviluppo assunto dal blog, vero e proprio protagonista mediatico con 330.000 visite alla conclusione il 15 luglio e con un picco di 11.589 visite in un solo giorno: uno tra i siti web più “cliccati”, ancora consultabile all’indirizzo: http://farworkshop.wordpress.com/. Fuori dai confini dell’università questo mezzo informatico è diventato il grande ritratto di un lavoro collettivo.
Marina Montuori, Professore ordinario di Composizione architettonica e urbana all'Università di Brescia.