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PROVE DI S/COMPOSIZIONE DEL PAESAGGIO TRA PARMA, REGGIO E MODENA
Carlo Quintelli: L’architettura, quella che vorrebbe interpretare la trasformazione del territorio, ha utilizzato spesso, negli ultimi tempi, la fotografia quale strumento di indagine per la comprensione dei paesaggi della città, delle periferie, del territorio urbanizzato. Questo rapporto tende sempre più a delinearsi nei termini di una pseudo-collaborazione, assimilabile di fatto ad una condizione di committenza. L’architetto affida un tema, un contesto, una traccia ad un fotografo che ne farà occasione di lettura il cui valore ricade nella responsabilità interpretativa dell’autore. Una volta acquisito, il lavoro del fotografo viene riportato dall’architetto quale prova di tendenze, mutamenti, estetiche, di un divenire per il quale l’architetto stesso si pone ad interprete progettuale. In realtà questo procedere, tra autonomia delle parti e strumentalizzazione dell’espressione fotografica in chiave critico-progettuale, sembra più volte eludere una vera responsabilità di analisi e di scelta da parte dell’architetto - spesso portatore di prove “false” o non così significative rispetto all’esigenza di una critica sistematica - e d’altra parte costringere lo stesso fotografo ad un ruolo involontario (quello del progetto), se non indirettamente per quanto ogni artista possa e debba utilizzare un portato critico interpretativo in relazione ad un determinato contesto storico e geografico quale presupposto di una propria peculiarità espressiva.
Partendo da questi presupposti ci si domanda allora se il rapporto tra fotografia e architettura nell’azione critico progettuale di trasformazione e valorizzazione del paesaggio non possa instaurarsi attraverso una complementarietà più effettiva, certamente difficile ma non equivoca, dove le rispettive tecniche trovino una combinazione strumentale diretta e paritetica all’interno dell’azione interpretativa. La ricerca, circoscritta al paesaggio emiliano, potrà avvalersi di gruppi di lavoro formati da architetti e fotografi in grado di sperimentare nei contesti della Bassa, della pianura di mezzo attraversata dall’Emilia e nella fascia pre-appenninica, l’individuazione di una casistica delle componenti significative del paesaggio, in grado di restituirne un primo quadro compositivo, in essere e potenziale. Componenti stabili o riemergenti, archeologie e nuovi fenomeni, continuità e discontinuità, contraddizioni capaci di sottrarre o accrescere la ricchezza identitaria del palinsesto paesaggistico dovrebbero affiorare nella perlustrazione di un’indagine geo-fotografica tendente a sistematizzare, in chiave tematico-tipologica, la restituzione del divenire del quadro paesaggistico. A partire da itinerari stradali dove il punto di vista è letteralmente “portato” a cogliere elementi e sequenze di cui si potrà verificare, casisticamente, dimostratività e significatività d’apporto.
Paolo Barbaro: Non è certo la prima volta che la fotografia, che i fotografi, investono il paesaggio della Via Emilia. Il paesaggio della Via Emilia è proprio quello riferito all’ asse stradale (che si vede dalla strada, sulla strada e intorno alla strada) ma anche il paesaggio intorno, determinato in misura minore o maggiore dall’ asta di fondazione romana che corre grosso modo da Est a Ovest, nerbo centrale delle centuriazioni e delle attuali reti di trasporto e comunicazione, a livello immaginario forse più che reale: abbiamo, oggi, il parallelo asse ferroviario storico Milano-Bologna-Rimini, il lungo cantiere e in un prossimo futuro la linea veloce della TAV, e soprattutto il corridoio dell’ autostrada A1; e infine il corso del Po. Ad incrociare in modo quasi ortogonale tali vettori abbiamo altre linee, anch’ esse di sovrapposizione naturale e artificiale: i corsi paralleli dei fiumi e torrenti appenninici a cui si sovrappongono, a cadenza, i confini amministrativi delle province, le valli appenniniche, le strade di valico verso sud e a nord le vie della pianura, la padana inferiore, fino all’ argine del Po.
Sono note le campagne fotografiche ormai storiche su questo territorio, da quelle centrate sulle città padane e i loro oggetti eminenti, monumenti e icone storiche, opera di atelier e operatori locali o nazionali (Alinari, Villani, Stefani) a quelle che prendono in considerazione le qualità territoriali e locali dell’ immaginario, prima tra tutte Esplorazioni della Via Emilia coordinata da Luigi Ghirri (1985-87) a cui fanno riferimento successive riletture e seminari ad opera dell’ Istituzione Culturale Linea di Confine, iniziative come quella di Cittaemilia, poi Fotografie Locali e altre iniziative, oltre a importanti campagne “autoriali” come quella recente di Nino Migliori per l’IBC. Fotografia quindi che si è confrontata, è stata espressione o ha espresso diverse idee su questo territorio.
La fotografia, i fotografi che entreranno in campo in occasione dell’ iniziativa del Festival 2007-2008 si confronteranno quindi con un compito eminentemente sincronico (cosa è oggi questo territorio, attraversandone percorsi stradali e località) che riguarderà questioni anche diacroniche: cosa si legge della sua storia, del suo sviluppo, e, infine (ma è l’ istanza forse primaria) si dovrebbe ricavare materiale per il futuro, per memoria e progetto. In corrispondenza dell’ estensione del Festival su tre province, i fotografi lavoreranno per fasce di base provinciale/orizzontale (Modena, Reggio Emilia e Parma) intrecciate alle fasce verticali/territoriali (fascia collinare, fascia aggettante alla Via Emilia, fascia della pianura fino al Po) utilizzando la fotografia come strumento di lettura ed analisi di spazi e qualità locali. Fotografia che è in grado di mettere in connessione e descrivere con campi ampi, di isolare e comprimere stringendo l’inquadratura, ritagliare e mettere in relazione, sequenziare racconti e articolare confronti paralleli sul territorio che vivono. |
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