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CITTA' E LUCE
Fenomenologia del paesaggio illuminato
Coordinatore: Francesca Zanella. Curatori: Ilaria Bignotti, Michele Guerra, Marco Scotti, Francesca Zanella. | C.F. Corini, Rocinha, 2005 | |
Come scriveva Hans Sedlmayr ( La luce nelle sue manifestazioni artistiche, 1960) il rapporto tra opera d’arte e luce può essere inconsapevole o consapevole, e quindi programmato. Se parliamo di luce dobbiamo intendere sia la luce di sorgente naturale (sole e luna) che quella di sorgente artificiale (dal fuoco, alle fibre ottiche). Nel rapporto con l’opera d’arte le variabili sono costituite dalla materia, dalla superficie, dal colore e questi appartengono sia al dominio dell’interazione inconsapevole tra opera e luce che a quello di un rapporto ricercato; a questi elementi si devono aggiungere come propri di un rapporto costruito e programmato, il significato simbolico della luce, la sua rappresentazione metaforica. Se si affronta in modo specifico l’ambito della architettura, prosegue Sedlmayr, l’analisi dei rapporti con la luce deve essere affrontata in relazione allo spazio esterno e in relazione a quello interno. E’ possibile registrare, oggi, un rinato interesse nei confronti di questo tema, in alcuni casi rilanciato in termini analoghi a quelli sostenuti da Sedlmayr che associava al processo di laicizzazione della civiltà moderna la progressiva perdita di valore simbolico e sacrale della luce nell’ambito del progetto; in altre occasioni la luce è assunta come segnale che svela, che rende intellegibile o che crea lo spazio. Come affrontare il tema del rapporto tra luce e città, e quali possono essere i risultati? | C.F. Corini, Basilea, 2005 | |
La storia della relazione tra spazio urbano e luce è indubbiamente connessa alla storia dei metodi di sorveglianza e tutela, da un lato, e delle modalità di rappresentazione del potere e della ricerca dell’elemento della meraviglia, attraverso i trionfi e con la trasmigrazione dell’azione scenica dal teatro alla strada e alla piazza. Nella città industriale questi elementi in parte mutano: al ruolo di strumento di sorveglianza e sicurezza si affianca, rafforzandosi sempre più, la componente iconica e semantica, la luce è strumento che veicola e rafforza la comunicazione e nello stesso tempo è messaggio, un ruolo in cui l’intreccio della componente progettuale e dell’elemento della casualità è fortissimo rendendo problematica l’analisi. La storia del rapporto tra luce, architettura e città non può prescindere da alcuni momenti in cui la luce è consapevolmente materia del progetto (dai monumenti cosmologici, alla cattedrale gotica, come insegna Grabar, al progetto barocco, per giungere alla cultura dell’illuminismo in cui luce diventa metafora di ragione). Nella cultura urbana dell’età dell’industrializzazione la luce è fonte di shock (Benjamin) e quale strumento inconsapevole contribuisce alla conoscenza delle nuove strutture che trasformano il paesaggio e diventa una delle metafore della modernità:
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la fabbrica della rivoluzione industriale è percepita soprattutto nella notte per i bagliori rossastri che emette modificando il paesaggio notturno.
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la luce naturale inonda lo spazio delle nuove cattedrali della città industriale attraversando le strutture in ghisa e vetro.
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la luce abbagliante della lampada ad arco, icona della modernità per i futuristi, ma anche la luce del proiettore che illumina i nuovi luoghi dello spettacolo.
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la diffusione della illuminazione elettrica nelle strade e negli interni trasforma lo spazio urbano e il paesaggio domestico.
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l’insegna colorata al neon icona della cultura pop e optical come strumento ‘popolare’ che definisce il nuovo spazio urbano.
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schermi luminosi come emittenti di immagini duplicano il paesaggio urbano, diurno e notturno, interagendo con l’architettura.
A questo percorso dell’inconsapevole interazione si affianca, in alcuni casi incrociandosi, il percorso del progetto della luce:
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la progettazione razionale assume fra gli standard progettuali l’analisi dell’orientamento eliotermico, come processo di laicizzazione del culto del sole, in nome del mito dell’igiene e del corpo sano.
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anni Cinquanta: la luce naturale ritorna ad essere utilizzata come strumento per la creazione di modellazione dei luoghi del sacro (civili e religiosi) partendo da una riflessione sugli archetipi e sui rituali quotidiani collettivi e privati.
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le luci psichedeliche sono utilizzate come strumento per la creazione di spazi artificiali.
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l’illuminazione dei luoghi del potere e dei monumenti storici contribuisce alla ‘monumentalizzazione’ della città.
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architetture illuminate progettate per avere una doppia vita, diurna e notturna.
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ritorna il mito dell’oscurità per ricondurre ad una consapevolezza del rapporto del corpo con l’ambiente e lo spazio.
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si riscoprono la notte e la luce delle stelle in nome di istanze ecologiste.
| C.F. Corini, Times Square, New York, 2007 | |
La domanda è se e in che termini nella città occidentale si percepisce in modo netto la distinzione tra luce naturale e luce artificiale, se e in che termini la luce artificiale continua ad avere lo stesso effetto di shock visivo o di svelamento; quale è il ruolo, e quale il significato dei progetti di luce nella città occidentale. La prima fase del percorso di ricerca, che condurrà alla definizione della struttura della mostra che si baserà sulla individuazione di alcuni casi di studio, di microstorie e di percorsi critici diacronici, prevede un esame delle metodologie di indagine della città contemporanea, delle modalità di ricezione e racconto e degli approcci alla progettazione urbana per comprendere quale sia il ruolo della luce, quali i significati simbolici e ‘funzionali’, quali le relazioni tra spazi illuminati e spazi progettati con la luce, tra luoghi di luce e luoghi di ombra.
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23/10/2007
Luce e comunicazione Pubblicità e luce
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