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SPAZIO PUBBLICO E VIA EMILIA
Data Inserimento: 25-07-2007 - NickName: SERGIO

Testo Messaggio:
SONO CONVINTO CHE SE SI AFFRONTA CON PROFONDITÀ IL TEMA DELLO SPAZIO PUBBLICO URBANO E DEL SUO PROGETTO/TRASFORMAZIONE NON SI POSSA CHE FINIRE IN CONTRADDIZIONI DI TIPO DISCIPLINARE TANTO INTERESSANTI QUANTO, FORSE PROPRIO PER QUESTO, DIFFICILI DA DIPANARE. ECCONE ALCUNE: 1. URBAN DESIGN (PROGETTO URBANO?): PERCHÈ MENTRE IN ALTRI PAESI (UK, AUSTRALIA, PERFINO US) È UN CAMPO DISCIPLINARE IN FORTISSIMA ESPANSIONE MENTRE DA NOI PRATICAMENTE NON ESISTE? 2. ANALISI: COSA IMPEDISCE DI RINNOVARE L'INTERESSE VERSO UNA STAGIONE NUOVA DI ANALISI URBANA, LONTANA DAI FORMALISMI E VICINA AL TRANSDISCIPLINARE? 3. COMMUNITY E RESPONSABILITÀ: QUALE È LA RESPONSABILITÀ DEI MAESTRI NELLA COSTRUZIONE DI UNA ARCHITETTURA - DI UNO SPAZIO URBANO - OSTILE (QUESTIONE PERIFERIE IN PRIMIS)? LINGUAGGIO/VITA: VOGLIAMO ARTICOLARE IN FORMA DI DICOTOMIA QUESTA RELAZIONE? SONO DIRETTORE DI UN NEO-COSTITUITO LABORATORIO AL DIAP DEL POLITECNICO DI MILANO DAL NOME HUMAN SPACE LAB, SONO INTERESSATISSIMO ALLA COSTRUZIONE DI UNO SPAZIOO DISCIPLINARE PER L'URBAN DESIGN ITALIANO, SONO FRESCO VINCITORE DI UN CONCORSO DI PROGETTAZIONE PER LA RIQUALIFICAZIONE DELLA VIA EMILIA NEL CENTRO STORICO DI CASTELFRANCO: MI PIACEREBBE PARLARNE. GRAZIE E I MIGLIORI SALUTI. SERGIO PORTA

Risposta:
Grazie dell’intervento, in forma sintetica e parziale rispondo ai quesiti. 1) A una straordinaria tradizione italiana del progetto urbano della città della prima metà del Novecento non è corrisposta una continuità di elaborazione, se non teorica, nel mezzo secolo successivo. Non a caso Pasolini individua l’incipit “autoritario” del degrado urbano a partire dagli anni ’60. Il problema è di mancata elaborazione di una cultura politica del ruolo pubblico della città nella società contemporanea. Agli architetti il compito di restituire, in tutte le occasioni possibili, modelli alternativi di qualità dello spazio urbano. 2) Forma urbana e fenomeni che la abitano sono in imprescindibile relazione (ma questo è sempre accaduto nella storia dell’architettura), solo un approccio ingenuo può proporre “meno estetica e più etica”; il problema è quale estetica per quale etica, a seconda di chi parla. Il richiamo al transdisciplinare mi vede allora d’accordo purchè non diventi una categoria separata dal tema della forma, preferirei parlare di un’architettura che si spiega nei fenomeni che la coinvolgono (e viceversa), che la rendono necessaria, che le conferiscono identità. 3) Sullo spazio urbano ostile disegnato dagli architetti possiamo aprire molte riflessioni (vedi anche sito 06 del Fest). Una, tra tutte, un po provocatoria: lo spazio del centro commerciale è tra i più apprezzati, friendly, dal punto di vista di un’umanità genericamente definita. Costituisce per questo il modello della nuova forma urbana? Mandaci i materiali di Castelfranco e volentieri creiamo occasioni di coinvolgimento e di scambio. Cordialità Carlo Quintelli