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Marcello Panzarella

Il ruolo culturale delle rovine

Brevi appunti per una ricognizione

 

Marcello Panzarella, Il progetto nei luoghi dell’interdizione: una cappella presso il tempio megalitico a Cefalù,
2006.

Marcello Panzarella, Il progetto nei luoghi dell’interdizione: una cappella presso il tempio megalitico a Cefalù, 2006.

 

Scrive Giorgio Vasari, sul soggiorno di Filippo Brunelleschi a Roma: «Vedendo la grandezza degli edifizii e la perfezzione de i corpi dei tempii, stava astratto che pareva fuor di sé», sì che entrambi lui e l’amico Donato (Donatello) che l’accompagnava, «non lasciarono dove eglino, et in Roma e fuori in campagna, non vedessino e non misurassino tutto quello che potevano avere che fusse buono», fino al punto di disseppellire «pezzi di capitelli, colonne, cornici e basamenti di edifizii» per ricavarne, ad uno ad uno, gli ordini architettonici dell’antichità. Ma fu tale l’immedesimazione di Filippo, e così attento il suo studio, che oltre a guadagnarne il sapere per «voltar gli edifizii», soprattutto «rimase il suo ingegno capacissimo di potere vedere nella immaginazione Roma come ella stava, quando non era rovinata».

Sono trascorsi, oggi, più di seicento anni da quel soggiorno romano, ma con l’«immaginazione» inedita e febbrile che ne scaturì dalla mente dell’artista si sarebbe dovuta confrontare, nei secoli seguenti, tutta la cultura dell’Occidente, con un’accentuazione speciale nei decenni a cavallo tra Settecento e Ottocento, e un’estensione durevole delle attenzioni, fino al nostro tempo. A quell’esordio, infatti, già a partire dalle “Guide di Roma” del Palladio, si sarebbero aggiunti apporti innumerevoli, sviluppi inediti della sensibilità e movimenti potenti dell’arte, per opera di quanti, autori e mecenati munifici, dalle sparse rovine di Roma, di Atene, e dell’antico Egitto avrebbero tratto la spinta al viaggio, e dunque lo stimolo all’esercizio dello sguardo e alle virtù del descrivere e dell’interpretare; ma anche l’impulso all’opera dello scavo, o a quella della ricostruzione in disegno, o ancora alla traduzione in progetto delle forme della rovina, con l’intenzione e l’effetto di render loro una vita nuova, nel corpo costruito dell’architettura.

La magnificenza delle rovine dell’antico, e l’assunzione dell’imponenza del loro collasso; la constatazione dell’essere il tempo presente per più versi inferiore a quello perduto, e la nozione finalmente esatta della distanza rimasta da colmare; la tensione al recupero e la spinta al superamento (su quello che in principio era apparso lo stesso campo di battaglia); di seguito, a partire dalle medesime rovine, l’edificazione di patrie ideali in cui consistere, e la costruzione di mitologie atte allo scopo; ancora, la scoperta problematica di rovine differenti e l’emergere di nuove patrie; di qui, il dibattito sulle appartenenze; infine, la crisi delle identità; e insieme, l’emergere della conservazione come ideologia, e l’estensione della considerazione culturale per tutto ciò che, in vario modo, è resto o consegna della storia, fino all’interrogazione odierna sulle macerie e sugli scarti, sul che fare di essi. Questo, con tutti i rischi della brevità, il tragitto delle rovine nella coscienza culturale dell’Occidente.

Da tema di pura architettura, l’attenzione per le rovine si è trasformata quasi all’istante in questione fortemente circolare, capace di attraversare – e in qualche modo rifondare – ogni ambito della cultura, dalla letteratura alle arti figurative, fino alla invenzione dell’archeologia, col suo gemmare e separarsi dal corpo materno dell’architettura.

Al triplice incrocio tra la percezione del tempo come puro continuo, la concezione di esso quale luogo della storia, e la credenza antica nell’eterno ritorno, si stagliano oggi altre “rovine”, le icone imperscrutabili del non-finito, che pervadono ogni meridione del pianeta. Non “prigioni” nel marmo, né nostalgie di una rovina, bensì rovina delle intenzioni.

Una “Torre d’Ombre”, collocata su questo limitare, forse già invano evoca l’assenza come sacro.

 

Marcello Panzarella, Ordinario di Composizione architettonica e urbana e Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Architettura dell'Università degli Studi di Palermo

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Le Corbusier, “Tour d’Ombres”, Chandigarh,  1950-1965.

Le Corbusier, “Tour d’Ombres”, Chandigarh, 1950-1965.