IL PUBBLICO PAESAGGIO PER IL NUOVO FESTIVAL
Siamo alla quarta edizione del Festival dell’Architettura. Un Festival che abita nei tre contesti di Parma,
Reggio e Modena (articolazione sperimentale riuscita dell’ultima edizione 2006). In questa unica e tripartita
entità urbano-territoriale dell’Emilia Romagna (che dalla metà degli anni ’90 mi piace
denominare CITTAEMILIA) il Festival vuole continuare a creare le condizioni per un luogo aperto dove favorire ricerca,
approfondimento, confronto e divulgazione sui temi della cultura architettonica italiana ed internazionale. Oggi assistiamo
al prevalere di una comunicazione che investendo anche l’architettura ne afferma le espressioni per quanto
efficacemente sono trasmesse piuttosto che comprese e valutate (oggi quasi esclusivamente dai media generalisti e
dall’attività di promozione dei grandi studi professionali, poiché le riviste della tradizione
culturale hanno perso gran parte del loro ruolo). Rispetto alla conseguente mondanizzazione e omologazione
dell’architettura, si possono sviluppare importanti spazi alternativi di elaborazione critica, capaci di
incentivare processi interpretativi non convenzionali. Anche per quella fisiologia di evoluzione continua che
caratterizza l’idea stessa di Festival, si è allora pensato ad una formula biennale (07-08) che
consente un maggiore approfondimento delle ricerche presupposte agli eventi (quali mostre ma anche convegni,
seminari, concorsi, ecc.) e una più forte ed allargata partecipazione (in termini di collaborazione alle
ricerche e di fruizione delle stesse). Il 2007 sarà l’anno dei processi di avanzamento delle ricerche
del Festival, il 2008 della traduzione espositiva e della presentazione dei risultati finali (il bilancio).
18 mesi di Festival, uno slogan di auspicio, dove poter seguire il lavoro dei singoli progetti di ricerca,
capire passo per passo le ragioni delle scelte, cogliere il dibattito del confronto critico attraverso incontri
intermedi (conferenze, seminari) e soprattutto un sito internet all’interno del quale, in tempo reale,
ricavare la restituzione continua del processo di avanzamento dei singoli laboratori di ricerca. Dove però
anche muovere critiche, dare contributi, proporsi ed essere accolti in quei laboratori capaci di richiamare
attenzioni interlocutorie.
Questa rinnovata formula-festival, certamente più complessa ma anche più coinvolgente e predisposta
all’approfondimento, ha richiesto un tema adeguato per ricchezza problematica e attualità di argomento:
quello del PAESAGGIO.
Impossibile cercare una definizione univoca di paesaggio, come d’altra parte di architettura. Allo stesso tempo
il termine è assumibile (descrivibile) come dato ultimo, risultante singola della pluralità dei processi
e delle progettualità che caratterizzano le modalità di trasformazione dell’ambiente antropizzato
(compreso quello naturale per come siamo in grado di salvaguardarlo). L’imprescindibilità al paesaggio
deriva dal suo corrispondere all’interezza della scena percepita e all’esservi comunque parte (non
apparteniamo sempre e comunque a qualche luogo?). Osserviamo il paesaggio con l’aspettativa di una rivelazione,
di una sintomaticità, di una caratterizzazione. Ci si rivolge con spontaneo istinto di giudizio al paesaggio
che è, letteralmente, messa in scena (non necessariamente volontaria). E’ quindi naturale che sorgano
alcune prime domande (che rivolgo innanzitutto ai curatori delle ricerche): 1) può, e in che modo, esistere
una critica e quindi un progetto del paesaggio? 2) modello e carattere del paesaggio possono identificarsi? 3) il
paesaggio appartiene alla dimensione della figura e/o dell’immagine? 4) qual’è la materia del
paesaggio e, soprattutto, è solo materia di espressione della forma fisica? 5) l’identità del
paesaggio è rilevabile indistintamente rispetto alle condizioni di insieme e di
sistema?………………
Il compito, ora, è mettere a fuoco ulteriori domande e attraverso il palinsesto delle ricerche del Festival
iniziare quel lavoro critico di decantazione dei sedimenti modellistici, pregiudiziali e convenzionali che deformano
la potenzialità di un paesaggio per altro fortemente investito da processi di significazione che vanno oltre
la dimensione architettonica. La rilevanza del tema del paesaggio può essere colta nell’estensione degli
strumenti del marketing al carattere paesaggistico del territorio quale componente di attrazione e sviluppo, nella
costruzione dell’immagine di un contesto con finalità dirette come per l’economia turistica, ma
anche come fattore significativo sotto il profilo socio-politico e amministrativo per la definizione identitaria di
una giurisdizione territoriale a scala locale, regionale, nazionale sino a denominatore di caratterizzazione
dell’identità europea. Il successo strumentale della categoria del paesaggio è d’altra
parte spiegabile per il suo essere compresa dalla maggior parte delle persone, attraverso l’esperienza
pittorica nonchè cinematografica, teatrale e televisiva, più che mai quella pubblicitaria, sicuramente
anche letteraria e finanche musicale. La qualità mediatico-identificativa del paesaggio viene infatti non a
caso utilizzata nelle strategie di determinazione del consenso comunitario, dove però riscontriamo sempre
più spesso l’apparire di stregoni e apprendisti stregoni che dell’arte del paesaggio fanno
strumento di incantamento ed apparenza più che di conoscenza e di reale interpretazione dell’essere
e dell’appartenere.
Anche a partire da questi motivi, oltre ad incentivare un approccio critico nel trattare un tema così denso
di significati, il Festival è chiamato ad esprimere una tesi di fondo, forse, al momento, l’unica
possibile nella ricerca di una definizione generalizzabile dell’entità del paesaggio. Quella per
la quale tale entità esiste poiché appartiene alla collettività, dove il paesaggio è
solo in quanto PUBBLICO, sotto l’aspetto della fruibilità, delle responsabilità, della
valorizzazione così come del degrado, dell’impoverimento, della banalizzazione. In questo senso
il principio di responsabilità intrinseco all’idea di PUBBLICO PAESAGGIO non può mai
abbandonare l’azione critica e progettuale di un’architettura che del paesaggio vuole fare il proprio
principale ambito di messa alla prova.
CARLO QUINTELLI - DIRETTORE DEL FESTIVAL