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Luciano Semerani
Luciano Semerani, Antonella Gallo, Lamberto Amistadi, Francesco Semerani, Piero Vespignani, Il Parco metropolitano del nord est. Veduta del plastico dell'intervento.
L'interpretazione del territorio, del suo presente, del suo passato, del suo futuro si è sempre, il più possibile, fondata su dati oggettivi.
Per assumersi la responsabilità del controllo e della previsione dei fenomeni, per dettare indirizzi e norme che, una volta applicati, garantissero risultati di efficienza e qualità, gli urbanisti hanno messo a punto, fin dalle origini della disciplina, strumenti di analisi e modelli di riferimento precisi.
Per quali ragioni lo sviluppo insediativo è degenerato da noi in termini di sostenibilità e di qualità?
Ovviamente partiamo dall’ipotesi che la comunità ponga tra i suoi obiettivi primari la necessità di realizzare se stessa nella qualità dei luoghi e degli spazi comuni e inoltre che nella comunità sopravviva l'esigenza di affermare la propria identità culturale secondo un principio di continuità storica. La continuità dei costumi e delle tradizioni viene oggi realizzata in un mondo kitsch, waltdisneyano, commerciale per corrispondere ad una domanda priva di gusto e di cultura, oppure la qualità dei punti salienti viene oggi delegata all’ “high-tech”.
Questi sono gli esiti di un'urbanistica che ha prevalentemente sviluppato le nozioni che potevano essere espresse in termini quantitativi (superfici, altezze, cubature, indici di fabbricabilità, percentuali di destinazioni d'uso, ecc.) confinando nel mondo dell’opinabile le nozioni necessarie a definire la qualità della forma.
Anche nei giudizi sulle trasformazioni del paesaggio, le scelte morfologiche e tipologiche risultano subordinate a parametri oggettivi definiti dalle scienze naturali. Conta il rispetto dei vincoli geologici, conta il rispetto degli ecosistemi ma nulla può essere stabilito con certezza sulla qualità.
Così il disegno del paesaggio viene sottratto al fattore dell'intenzionalità e cioè alla volontà di leggere e di scegliere di vedere nel territorio e nella città forme e figure, perché non c’è la coscienza culturale di assegnare, con le forme e con le figure, alla città e al territorio, un significato.
Grandezze, proporzioni, ritmi e quindi rapporti numerici, strutture sintattiche e grammaticali sono presenti nella costruzione di ogni discorso, e perché mai non dovrebbero essere presenti in quella che è la costruzione umana per eccellenza, la costruzione del territorio? Se le figure compositive e retoriche sono la sostanza di ogni discorso, e si fa uso del termine architettura per descrivere ogni progetto, sia esso economico, organizzativo o politico, e per definire la struttura di ogni operazione complessa, perché mai il disegno territoriale non può comprendere forma e figura nei suoi obiettivi?
Non si tratterà, ovviamente di attribuire un valore formale e figurativo all'intera composizione grafica, o pittorica o plastica, al modello cartografico delle reti, dei nodi, dei rilievi e dei fiumi, delle coste e delle città, anche se quanto più tempo passiamo dentro i mezzi di trasporto aereo tanto più scopriamo le suggestioni, la razionalità o l'irrazionalità delle forme dello sviluppo, e alla fine l'importanza di una sia pur geometrica idea delle relazioni infrastrutturali, di una chiara leggibilità dei rapporti tra i pesi, quelli naturali descritti dalla fisiognomica geologica, orografica e vegetazionale e quelli antropici disegnati dalle tecniche idrauliche, stradali, ferroviarie e alla fine urbanistiche. Passando con l'aereo da un continente all'altro, da una regione ad un'altra sono visibili l'intelligenza, la capacità organizzativa, la chiarezza o meno delle idee, la presenza o meno di idee e l'applicazione di tecniche commisurate alla scala dei fenomeni in atto e capaci della costruzione dello spazio antropizzato.
Ad ogni scala le nozioni di topos e di typos congiunte con quella di kallos consentono di valutare i caratteri plastici e geometrici, i valori cromatico e materici, le trasparenze, le densità, le asperità, il ritmo, le misure delle distanze appropriate ed interessanti al fine di mantenere e/o assegnare il carattere ad uno spazio.
Per trovare dei progetti attenti al carattere topologico e tipologico basta guardare all'edilizia rurale che rispondeva a ragioni di economia e di funzionalità grazie al mestiere dei periti agrari e dei capomastri. Le insufficienze delle norme urbanistiche in uso sono macroscopiche. Le lottizzazioni industriali e residenziali degli ultimi decenni costituiscono l'esito ultimo di un processo di disorganizzazione del suolo e dello spazio. Non sarebbe difficile prescrivere degli schemi di relazione tra gli oggetti da costruire e quelli già esistenti o esistiti assumendo che le grandezze e le posizioni reciproche possono produrre o meno uno spazio vivibile rispondente a requisiti di qualità. Ma queste indicazioni e queste richieste ai diplomati che disegnano le lottizzazioni e gli edifici e le fabbriche non sono mai state presentate.
Luciano Semerani è Professore Ordinario di Composizione Architettonica e Urbana all'Università IUAV di Venezia
Colline disegnate da giovani americani di 15-17 anni