Ti trovi in: Home page > Archivio Magazine > Le composizioni lineari di Gianugo Polesello
Magda Minguzzi
Se
osserviamo l'insieme dei progetti e delle ricerche che Gianugo Polesello ha
dedicato a Venezia ci renderemo subito conto dell'importanza che questa città
ha avuto nella sua vita di Architetto.
Venezia
come origine: dell'esperienza a fianco di Samonà, dell'appartenenza alla “Scuola
di Venezia”, dell'insegnamento all'Università IUAV, della fondazione del “Gruppo
Architettura” (1), dell'estenuante ricerca condotta in gran parte sulle aree
limite e sui margini urbani.
Venezia quindi come laboratorio di studi e indagini, i cui risultati e principi fondamentali verranno “sperimentati” altrove.
Sul finire degli anni Ottanta del Novecento la “Venezia poleselliana” è in gran parte ultimata (Fig 1). Le aree figurativamente e funzionalmente in attesa di definizione hanno trovato una loro ragione d'essere all'interno del teatro lagunare e l'attenzione di Polesello si rivolge, per qualche tempo, altrove.
Dal 1989 al 1992 si susseguono, anno dopo anno, i progetti lineari per le città di Danzica, Napoli, Milano, per giungere alla fine di nuovo a Venezia, in Fondamenta Nove, con quello che sarà uno dei progetti più essenziali, per certi versi oscuri, della sua produzione. Composizioni il cui minimo comun denominatore ancora una volta è rappresentato dal tema urbano: i margini, le aree limite. Luoghi che si caratterizzano per l'assenza di contenuti, di tessuto urbano, di relazioni con l'intorno.
Progetti-manifesto di un'architettura che affonda le sue radici nel movimento moderno.
Queste straordinarie composizioni si misurano con la città contemporanea. Situazioni di periferia diffusa, dilatata dimensionalmente, cresciuta senza direzione, dove il tessuto antico, compatto e coerente, riesce talvolta ha lambire le aree di intervento.
L'idea di città a cui fanno riferimento è quella “aperta” (2), in cui la natura entra all'interno del tessuto urbano e conduce inesorabilmente alla dilatazione dello spazio aperto e alla conseguente indipendenza figurativa dell'oggetto architettonico.
In questi interventi la dimensione prevalente è la lunghezza, che tende al chilometro (Fig 2). Per questo motivo l'asse principale del progetto, che normalmente è rappresentato da un percorso pedonale che lo attraversa in tutta la sua lunghezza, è il perno della composizione, la misura rispetto alla città, il luogo da animare grazie all'introduzione di figure, di personaggi: le torri, il foro di vetro, l'odeion, ecc. Volumi puri, provenienti dall'Archivio di Architetture (3), che grazie alla loro disposizione favoriscono la relazione tra l'uomo che attraversa il progetto e la città o gli elementi del progetto stesso, in un rimando continuo tra interno ed esterno, campi lunghi e punti di vista ravvicinati.
Griglie e moduli che si moltiplicano, ruotano, si dilatano. Sono questi gli strumenti, derivanti dalla fascinazione che Polesello nutriva verso le origini romane del territorio (le centuriazioni), con cui “governa” il vuoto e dispone le figure del progetto.
La ragion d'essere dell'indissolubilità tra tema compositivo e urbano - quasi fosse un leitmotiv - non è da ricercare in scelte stilistiche o questioni accidentali legate alla forma del sito ma in una precisa volontà, un'urgenza intellettuale espressa per via formale. Così, come se fossero grandi dighe, queste composizioni sembrano voler garantire con la loro presenza e maestosità l'arrestarsi di un fenomeno: la perdita di identità e forma, di ordine e gerarchia tra le parti che è espressione della città contemporanea, della periferia.
Questa è la più grande lezione che questi progetti ci trasmettono. È la strada che Gianugo Polesello ci indica e che sembra, per molti versi, non ancora intrapresa.
note
1. Il Gruppo Architettura era un collettivo di docenti IUAV composto da Carlo Aymonino, Costantino Dardi, Gianni Fabbri, Raffaele Panella, Gianugo Polesello, Luciano Semerani.
2. Rimando alla definizione di “città aperta” di Antonio Monestiroli (1997), Temi urbani, Unicopli, Milano.
3. L'Archivio di Architetture è alla base del sistema compositivo poleselliano del “montaggio di architetture a mezzo architetture”. Si tratta di elementi architettonici provenienti dai suoi progetti che nel tempo ripropone con minime variazioni.
Magda Minguzzi è Architetto e Dottore di Ricerca in Composizione Architettonica allo Iuav di Venezia.
Lo scritto “Le composizioni lineari di Gianugo Polesello e i limiti della città” è liberamente tratto dall'omonima tesi di dottorato.