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Negli ultimi dieci anni, dal 2000 ad oggi, Raffaele Panella si è confrontato in maniera diretta con il contesto emiliano attraverso una serie di progetti, interamente dedicati all'idea di comunità. Il quadro che emerge dal lavoro di uno dei protagonisti dell'architettura italiana, ricostruito in questo libro attraverso un'analisi di sei progetti accomunati dall'appartenenza ad un unico territorio, indica la messa a punto di una personale tecnica compositiva.
Un percorso che parte dalla lezione dei maestri dell'architettura moderna, definisce i suoi contorni teorico-pratici nella ricerca e nell'insegnamento universitario, prima a Venezia e successivamente a Roma, consolidandosi e articolandosi a contatto con il territorio e i luoghi.
Il radicamento consente all'architettura di ritrovare un rapporto fruttuoso con la città, favorendo la ricerca della dimensione urbana all'interno del progetto di architettura, in analogia con la migliore tradizione emiliana.
a cura di Riccarda Cantarelli
Con un saggio critico di
Maristella Casciato
La Chiesa di San Luca è una architettura che interpreta tutta l'esigenza di una necessaria "responsabilità di quartiere". Dando forma agli interrogativi che sottostanno ad ogni opera di architettura diviene esercizio compositivo scaturito dalla riflessione sull'identità figurativa, sul posizionamento, l'orientamento, l'articolazione plastica e sui necessari elementi simbolici della moderna Domus Dei a partire dal dato tipologico.
La collana Architettura / composizioni è dedicata ad opere di architettura lette, analizzate e presentate in chiave compositiva. La logica strumentale dei diversi apporti mediante i quali il libro si struttura (presentazione fotografica, itinerario di progetto, intervista critica) ha la finalità di ricostruire un rapporto conoscitivo processuale, contestualizzato e trasmissibile nei confronti del progetto di architettura.
Intervista critica di Francesca B. Filippi
Esiste ancora la città in quanto soggetto comunitario, in grado di esprimere forme compiute, al tempo stesso sociali e spaziali, di valenza collettiva? Occuparsi di architettura attraverso la categoria della città potrebbe sembrare oggi un approccio non più idoneo rispetto al prevalere pubblicistico di un dibattito, e di diverse prassi, che vedrebbero la città formalmente compiuta non più al centro della trasformazione antropica, tra la dispersione fluida dello sprawl e l’addensamento informe della megalopoli. In questo clima di svalutazione dell’idea di città, la condizione oggettuale ed anti-urbana dell’architettura, intesa quale espressione autoreferente sino al feticismo della forma-evento dell’oggetto architettonico, sembra sancire lo stato di indifferenza tra bisogno abitativo e necessità di una forma urbana. D’altra parte però le problematiche ambientali, la necessità di predisporre condizioni di inclusione e coesione sociale, in generale la nuova "domanda di città", ci costringono a riprendere in mano la funzione di un progetto architettonico che non può prescindere dal modello della città e, nella fattispecie, per vocazione storica, di quella europea, quale laboratorio particolarmente idoneo ad affrontare i bisogni della società futura. Secondo quel processo integrato, tra progetto, struttura e immagine dei fenomeni insediativi, in grado di restituire la propria sintesi identificativa nella rinnovata costruzione, ancora una volta, di una forma di città.
Contributi di:
Andres Alver, Roberta Amirante, Lamberto Amistadi, Massimiliano Ammatuna, Aydan Balamir, Francisco Barata, Daniele Carfagna, Jo Coenen, Armando Dal Fabbro, Arianna Maria Gardoni, Hans Kollhoff, Anastassios M. Kotsiopoulos, Manuel Íñiguez & Alberto Ustárroz, Vincenzo Latina, Carlo Magnani, Eleonora Mantese, Carlos Martì Aris, Mauro Marzo, Cristiana Mazzoni, Carlo Moccia, Costantino Patestos, Enrico Prandi, Carlo Quintelli, Renato Rizzi, Uwe Schröder, Joachim Schultz-Granberg, Andrea Sciascia, Yannis Tsiomis.
Progetti di:
AART Architects; Plant, Péter Kis, Csaba Valkai; Fernando Carrascal, Josè Ma Fernández de la Puente; Soeters van Eldonk architecten; Hondelatte Laporte Architectes; LAN Architecture; m&a architetti; Eduard Bru i Bistuer, Victor Setoain Perego, Neus Lacomba Mongé.
In che termini l'architettura interpreta l'esigenza comunitaria nell'era della globalizzazione e della conseguente evoluzione dei fenomeni urbani anche alla luce di una crescita esponenziale dell'espressione comunitaria virtuale? Partendo da questo primo interrogativo critico il Festival raccoglie una serie di materiali e testimonianze che dimostrano anche il superamento dell'identificazione esclusiva del tema con le grandi tipologie collettive pubbliche, architettoniche e urbane, dell'esperienza storica. Tuttavia, pur attraverso il rilievo di fenomeni insediativi apparentemente non caratterizzati sotto il profilo dell'interesse collettivo, articolazioni tematiche differenziate e contributi apparentemente riferibili alla soggettività dell'autore quanto del fruitore, sembra confermarsi come il dato comunitario possa ancora "essere individuato e declinato in diverse forme, attraverso diversi ambiti, a dimostrazione della sua ineludibilità”.
Si tratta di interventi pensati e parzialmente realizzati in tempi diversi, per committenze pubbliche diverse all'interno dell'Ecomuseo della Valle del Chiese Porta del Trentino.
Gli ecomusei inizialmente furono pensati per tutelare le tracce delle società rurali in un momento in cui l'urbanizzazione, le nuove acquisizioni tecnologiche e i conseguenti cambiamenti sociali rappresentavano un rischio reale di completo oblio di un patrimonio culturale millenario. Nella dimensione contemporanea della "città in estensione" essi rappresentano l'occasione per costruire e dar forma ad ambiti territoriali riconoscibili nei quali i cittadini possano vedere rappresentati i valori che li accomunano.
Luciano Semerani è nato a Trieste nel 1933. Cattedratico di Composizione Architettonica, insegna e lavora a Venezia e Trieste, è stato Visiting Professor a Vienna e a New York. Con Gigetta Tamaro a realizzato opere di grande rilievo come l'Ospedale di Cattinara a Trieste ed il Padiglione specialistico e Dipartimento d'urgenza dell'Ospedale dei SS.Giovanni e Paolo a Venezia. Dal 2002 è Coordinatore del Dottorato di Ricerca in Composizione Architettonica dell'Università IUAV di Venezia. Nel 2005 ha ricevuto la medaglia d'onore dell'Ordine degli Architetti di Trieste.
Antonella Gallo (Noale, 1963) è Professore Associato di Composizione Architettonica e urbana presso la Facoltà di Architettura dell'Università IUAV di Venezia dove svolge attività didattica e di ricerca. Dal 2003 è membro del Collegio Docenti del Dottorato di Ricerca in Composizione Architettonica dello stesso IUAV. Con Luciano Semerani e Giovanni Marras ha ideato e curato per la sezione Metaeventi della 9° Biennale di Architettura di Venezia e per il MASP – Museo d'Arte di San Paolo del Brasile la mostra antologica “Lina Bo Bardi Architetto”.
Lamberto Amistadi (Roncone, 1971) si laurea con lode in Architettura allo IUAV di Venezia con Luciano Semerani. Nel 2003 è Dottore di Ricerca in Composizione Architettonica presso lo stesso IUAV. Dal 2002 è Professore Incaricato di Composizione architettonica alla Facoltà di Architettura di Parma e dal 2005 alla Facoltà di architettura “Aldo Rossi” di Cesena. Codirige la collana TECA, Teorie della Composizione Architettonica per i tipi della Clean di Napoli.
Ad introduzione delle ricerche dedicate al tema del Festival, avanzavamo l'ipotesi di un paesaggio che esiste solo in quanto pubblico, conseguendone responsabilità dell'architettura e non solo.
Non una definizione quindi, ma una condizione da cui si è partiti per comprendere come il tema del paesaggio possa fare parte di una dimensione etica del progetto.
Tuttavia, in un mondo dove rispetto alla forma e alla materia prevale l'immagine del paesaggio, è sembrato opportuno aprire un confronto non scontato sull'affermazione di un tecnica paesaggistica e soprattutto sulla sua capacità di interpretare le reali esigenze della trasformazione insediativa.
Oltre ad ogni legge, gusto o politica dell'immagine, il paesaggio è fatto di cose, nella fattispecie di architetture, capaci di sottrarsi al valore di esposizione per farsi valore d'uso, superando vecchi e nuovi paesaggismi
Contributi critici di:
David Bigelman, Michele Barbaro, Renato Bocchi, Luisa Bonesio, Giovanni Brizzi, Pierre Donadieu, Bill Dunster, Joao Antonio Ribeiro Ferreira Nunes, Roland Gunter, Aurora Lopez, Attilio Petruccioli, Alessandro Petti, Alessandro Rocca, Slobodan Selinkk, Grazia Varisco, Guillermo Vazquez Consuegra, Ale g Vodopivec, Franco Zagari, Guido Zuliani.
Contributi di ricerca di:
Lamberto Amistadi, Maria Rita Baragiotta, Patricia Baroni, Ilaria Bignotti, Luca Boccacci, Filippo Bricolo, Riccarda Cantarelli, Stefano Cusatelli, Giovanni Luca Ferreri, Paola Galbiati, Antonella Gallo, Maria Angela Gelati, Jonathan Gervasi, Sandro Grispan, Michele Guerra, Davide Guido, Antonella Mascio, Agata Meneghelli, Elisabetta Modena, Andrea Oliva, Claudio Pavesi, Enrico Prandi, Carlo Quintelli, Elena Re Dionigi, Alberto Salarelli, Marco Scotti, Francesco Semerani, Luciano Semerani, Francesca Zanella.
Guardare/raccontare/progettare il paesaggio urbano illuminato.
Su questo rapporto, dove il piano dell'osservatore distratto si distingue da quello di chi osserva per conoscere e, quindi, per trasformare il paesaggio, e che si serve di "modi di guardare" il paesaggio per comprenderlo e modificarlo, si è basata la ricerca in cui abbiamo cercato di analizzare il ruolo della luce nella condizione urbana contemporanea.
Come sostiene Sedlmayr (La luce nelle sue manifestazioni artistiche, 1989) a proposito del rapporto tra opera d'arte, architettura e luce, la storia del rapporto tra luce, architettura e città non può prescindere da alcuni momenti in cui la luce è consapevolmente materia del progetto.
Tuttavia nella città industriale, la cui storia è associata al progressivo superamento della fiamma della candela e alla esplosione della luce bianca della lampada ad arco, la luce è fonte di shock (Benjamin) e quale strumento inconsapevole contribuisce alla conoscenza delle nuove strutture che trasformano il paesaggio e diventa una delle metafore della modernità.
Al percorso dell'inconsapevole interazione si affianca, in alcuni casi incrociandosi, il percorso del progetto della luce, che dagli anni Venti del Novecento ad oggi ha alimentato il dibattito architettonico.
Quindi progetto/non progetto, razionale/irrazionale, naturale/artificiale: la nostra lettura si è basata sulla verifica di queste dicotomie e sul confronto con le contraddittorie istanze del dibattito contemporaneo che ci ha condotti ad individuare suggerimenti, interpretazioni, ricerche artistiche, progetti architettonici, piani urbani, ma anche "sguardi" sul paesaggio illuminato, o interpretazioni del ruolo della luce nella città contemporanea (post-industriale, post-moderna, spettacolare...).
Testi di:
Possiamo ancora ricercare una valenza estetica dell'architettura? Soprattutto quando la componente di una comunicazione stereotipata dell'architettura sembra prevalere e in un certo senso annichilire ogni autenticità di espressione figurativa? In una scena mondana sempre più priva di luogo andiamo paradossalmente a rilevare una continua invocazione al bello, senza alcuna consapevolezza ulteriore, salvo quella, a sua volta contraddittoria, di riconoscerne solo il limite relativistico, soggettivo. Il Festival vuole allora misurarsi con questo esteso, rilevante quanto superficiale, bisogno di bellezza, cercando però di reinterpretarne il senso e quindi di conseguenza il ruolo per una possibile architettura. Ne deriva una prima riflessione: l'espressione della bellezza può concretizzarsi esclusivamente all'interno di una costruzione di identità. Ne deriva una riconoscibilità del carattere che trasmette verità, non tanto quella ideale, di una bellezza assoluta, ma quella e spressione di un rapporto critico-interpretativo con il mondo in divenire. Si tratta di un'accezione conoscitiva dell'idea di bellezza che tende a diventare cosmopolita proprio nella ricerca del paesaggio vasto delle differenze più o meno radicate, dove la rarità rappresenti la consuetudine dell'autenticità.
Testi di:
In questi ultimi anni si è ritornati a riflettere sui rapporti tra architettura e comunicazione, con un confronto sui rapporti tra architetti e mass media, sulle modalità e strategie di comunicazione nei confronti della committenza e sulla valenza comunicativa dell'architettura, in un contesto in cui l'immagine ha assunto un ruolo nuovo rispetto alla tradizione precedente.
Si ripropone, oggi, quell'antinomia che Umberto Eco aveva definito in Apocalittici ed integrati tra quanti prendono atto di una delle attuali condizioni della architettura in cui la richiesta della "icona" come strumento per intervenire rilanciando un contesto urbano è divenuta prassi diffusa, fra chi nega il valore della comunicazione di massa o chi rivendica un differente ruolo dell'architettura.
Tutto questo si inserisce all'interno di una condizione di crisi in cui la tendenza di architetti e urbanisti ad uscire dall'ambito sino ad ora codificato della pratica progettuale per individuare strumenti di lettura e scrittura della realtà, corrisponde alla riflessione in ambito critico sul ruolo del progetto, sulle modalità di messa in forma delle volontà politiche piuttosto che delle necessità di marketing.
Svolto in forma di saggio, questo testo analizza l'architettura della città di Mantova alla ricerca di una mantovanità intesa come insieme di caratteri specifici della sua identità culturali.
Nel ripercorrere diacronicamente gli eventi architettonici, dall'Umanesimo alla contemporaneitá, prendendo le distanze da una rigida impostazione di Storia urbana e tendente piuttosto a costituire un ideale proseguimento, opportunamente reinterpretato, degli studi sulle cittá che un gruppo di architetti degli anni Sessanta tentarono nella fondazione di una Scienza urbana.
L'identità culturale della città è dimostrata nell'Architettura e verificata nelle altre arti: nella Musica, nella Pittura, nel Teatro, nella Letteratura, nella Poesia.
La tesi di fondo dimostra con approccio multidisciplinare l'ipotesi di una vera e propria officina mantovana, che importa i canoni razionali dei linguaggi ortodossi, manipolandoli, riadattandoli e trasformandoli in originali, nuovi linguaggi padani.
Nel novembre del 2003 si teneva a Parma un seminario dal titolo Scuola italiana di Architettura: crisi, continuità, evoluzione. Architetti-storici e architetti-compositivi a confronto dedicato al rapporto tra la componente storica e quella compositiva nell'avanzamento di un'idea di architettura.
Il seminario aveva l'obiettivo di raccogliere una serie di riflessioni, angolate rispetto ai diversi contesti geografici e culturali di appartenenza, da parte di alcuni esponenti della nuova generazione di architetti insegnanti di composizione, storia e critica dell'architettura, in merito ad una reciprocità necessaria tra il sapere storico e quello progettuale, quale dialettica distintiva della tradizione di molte scuole italiane.
Possiamo già sentirci oggi, a Parma, in una Food Valley? Tra città e territori in cui la cultura del cibo si rivela quale denotato antropologico prevalente? Il termine “food” rimanda innanzitutto alla priorità nutritiva e poi all’entità socio-economica e dell’innovazione scientifica, tra old e new economy, ma anche estetica, etica e simbolica, tra espressioni pagane, tradizione cristiana, nuovi stili di vita. Risulta in ogni caso evidente che al valore del cibo, quale componente necessaria al corpo e al suo benessere, non può non corrispondere la piena fiducia verso chi lo produce e lo distribuisce. Qui si apre la ragione dell’abbinamento al secondo termine, “valley”. Vale a dire il contesto, l’ambiente, i luoghi fisici e soprattutto gli attori sociali attraverso i quali si determinano le condizioni per la produzione di prodotti alimentari di qualità. La cultura del cibo e quella del luogo diventano allora un tutt’uno. Un unico prodotto. Dove la reciprocità si attua nella variazione e peculiarità degli apporti ma anche attraverso regole, comportamenti condivisi, selezione, predisposizione dei fenomeni e loro messa in forma, sviluppando processi non improvvisati di ricerca, conoscenza, progettualità attraverso cui ottenere quel quadro coerente di risultati da cui dipende la visività dei fenomeni stessi, quella che tendiamo a restituire genericamente quale “immagine”. Su questo importante tema diversi docenti dell’Università di Parma mettono a disposizione un primo, parziale quanto dimostrativo, quadro multidisciplinare di ricerche in corso, quale incentivo per l’avvio di un’elaborazione progettuale dedicata alla futura Valle del Cibo.
Il volume raccoglie i contributi di ricerca dell'International call for papers Community/architecture promosso dal Festival dell'Architettura nell'edizione 2009-2010. Cinquantasette eterogenei contributi provenienti da diversi Paesi del mondo sul tema generale del Festival e suddivisi sulla base di tre focus tematici: Città e quartiere, Il congegno tipologico e le forme di aggregazione, Composizione architettonica e nuove tecnologie: architetture eco-virtuose.
Saggi di:
Pielguigi Grandinetti, Raffaele Panella, Enrico Prandi, Carlo Quintelli
Contributi di ricerca di:
Forum cittàemilia 1
Cosa significa oggi progettare lo spazio abitato tenendo conto del valore comunitario, dei fattori di aggregazione, dell'identità collettiva? In occasione del Festival dell'Architettura dedicato al tema Comunità-Architettura è stata sviluppata una ricerca a campione sul contesto emiliano (da Piacenza a Modena) a dimostrazione di come l'aspetto comunitario della città progettata si declini secondo ambiti, scale, tematiche e attori diversificati. Ne esce un quadro indiziario assai mutato rispetto ai modelli della tradizione, ma anche la consapevolezza che la fenomenologia delle forme insediative non può rinunciare ad una propria responsabilità comunitaria.
Contributi critici di:
Interventi di:
Confrontare questi progetti, a trent'anni di distanza, mettendo da parte tutte le polemiche relative alle lunghe e incomplete realizzazioni, alla complessità delle dinamiche sociali e al difficile rapporto con la committenza e le amministrazioni locali, significa in un certo senso confermare il giudizio di Manfredo Tafuri che, nella Storia dell'architettura italiana 1944-1985, segnalava i loro esiti come "esempi di intervento residenziale di respiro internazionale", meritevoli di uno specifico approfondimento.
Attraverso gli schizzi preliminari, i disegni esecutivi e i modelli, raccolti negli studi degli architetti, affiancati da un'antologia delle prese di posizione della letteratura critica, questa ricerca intende sottolineare alcuni aspetti caratteristici che accomunano le tre opere: 1) gli autori sono tra i più noti protagonisti di una stagione di grande fermento, anche teorico, della cultura architettonica italiana; 2) i progetti sono il risultato di un'attenta ricerca scientifica sul tema della tipologia residenziale e sul rapporto dell'architettura con la città e il territorio; 3) le figure architettoniche e urbane proposte, nell'attualizzare il riferimento all'avanguardia moderna, costituiscono un modello alternativo di sviluppo alla diffusione incontrollata della periferia metropolitana.
Nel palinsesto programmatico del Festival dell'Architettura, il Workshop Europeo costituisce lo strumento per la costituzione di una rete universitaria di scuole d'architettura che ricercano un confronto approfondito su metodologie didattiche ed interessi di ricerca.
Al termine di una settimana esplorativa di lavoro comune e reciproca conoscenza, l'esperienza della prima edizione di Settembre 2004 è raccontata attraverso gli elaborati della mostra Scuole d'architettura d'Europa ed i progetti del Laboratorio che le tredici delegazioni hanno redatto condividendo il tema di un'area da riconfigurare nel centro storico di Parma.
Progetti di:
Alessandro Armando, Francesca Argentero, Mariarita Baragiotta, Domenico Chizzoniti, Dario Costi, Ronin Gilles, Rene Lippek, Monica Maggi, Madalena Pinto Da Silva e Francisco Barata, Paola Porretta, Marco Scarpa, Bertrand Terlinden, Rinaldo Zanovello
Università degli Studi di Camerino, Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno Institut Superieur d'Architecture Communaute Francaise de La Cambre, Bruxelles Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Architettura, Polo scientifico- didattico di Cesena Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura Civile, sede di Bovisa Fachhochschule Fachbereich Architektur Munster Ecole d'Architecture de Paris-Malaquais Università degli Studi di Parma, Facoltà di Architettura Università degli Studi di Chieti-Pescara, Facoltà di Architettura FAUP, Faculdade de Arquitectura da Universidade do Porto Università degli Studi Roma Tre, Facoltà di Architettura Politecnico di Torino, Prima Facoltà di Architettura Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Architettura IUAV, Istituto Universitario di Architettura di Venezia
L'assetto dell'Emilia occidentale, terra di passo riprendendo la definizione leonardesca attribuita alla sola Piacenza, la sequenza dei suoi centri lungo la strada consolare e le varie polaritá che ne caratterizzano la struttura urbana, sono gli esiti di una continua dialettica tra componente insediativi e componente infrastrutturale.
In quest'accezione il sistema territoriale, le cittá ed i luoghi sono i tre livelli di approfondimento della sintesi storica sviluppata nel testo in termini dichiaratamente strumentali alla messa a fuoco di una condivisa identitá di sistema e di specifiche idee di cittá.
A partire dalle premesse culturali e dall'esperienza metodologica della conosciuta tradizione italiana di ricerca in ambito urbano, lo studio, pensato come supporto didattico ai laboratori progettuali applicati, ripercorre il divenire del sistema policentrico emiliano e l'avvicendarsi delle diverse fasi delle sue cittá indagandone i caratteri invarianti nei nuclei rappresentativi principali e delineando per ognuna di esse specifiche attitudini tipo-morfologiche.
In questa chiave una riflessione sull'identità urbana dell'architettura viene proposta come riferimento utile ad un fondamento epistemologico del progetto ed a un suo radicamento contestuale.
Un' Istituzione, la Camera di Commercio di Parma, si interroga sulle potenzialità fruitive di una grande sala interna alla propria sede, un tempo adibita alle contrattazioni.
Il Festival dell'Architettura viene chiamato ad interpretare il tema e a prefigurare possibili scenari. Ne nasce un concorso di progettazione, aperto agli studenti di architettura e ingegneria, per cominciare a capire la natura della riconversione funzionale e rappresentativa di uno spazio che si vorrebbe già considerare una nuova piazza coperta per la città.
Questa ricerca sulla realtà insediativa della Via Emilia, tra Piacenza e Bologna, ha come obiettivo la restituzione di una conoscenza del rapporto virtuoso tra architettura e infrastruttura quale supporto di una progettazione capace di restituire un ruolo ordinatore, rappresentativo, e di conseguenza una qualità identitaria alla strada consolare e al territorio che attraversa
Il metodo di approccio rileva una fenomenologia della via Emilia piena di contraddizioni, riguardo alle ragioni insediative della congestione del traffico, alla perdita di permeabilità percettiva di una campagna sempre più erosa dalla virulenza della conurbazione, alla banalizzazione e caricatura espressiva dell'architettura che la abita, sino al caso, ormai frequente, di interruzione fisica e di tracciato, tra svincoli e tangenziali, a cui corrisponde un automatico azzeramento del suo valore simbolico.
Il primo esito della ricerca mette a fuoco le criticità ma anche le prospettive per una diversa strategia di trasformazione della Via Emilia, primo ed autentico monumento regionale da cui deriva il sistema policentrico emiliano.
FAMagazine (www.festivalarchitettura.it) è la rivista online del Festival dell'Architettura, in cui si ritrovano due luoghi aperti al confronto e allo scambio culturale. Il luogo interno è costituito dalla struttura direzionale e redazionale del Magazine; quello esterno è configurato come piazza aperta in cui i diversi users, dal pubblico generico agli operatori del settore – professionisti e amministratori, studiosi della disciplina quali studenti e docenti - si incontrano nel maremagnum delle opinioni e delle idee. “Saggi su architettura e città” raccoglie in formato digitale le riflessioni di architetti e studiosi italiani ed internazionali pubblicati nel corso del primo biennio di vita della rivista. Tali scritti arricchiscono l'offerta culturale e rientrano nella mission del Festival dell'Architettura, che consiste in uno spazio di riflessione critica sui temi dell'architettura comunitaria, del paesaggio, della qualità degli spazi pubblici, all'interno di un dibattito attuale in Italia ed in Europa.
Saggi di: Roberta Amirante, Lamberto Amistadi, Mariateresa Aprile, Pepe Barbieri, Luca Boccacci, Filippo Bricolo, Angelo Bucci, Marta Calzolaretti, Daniele Carfagna, Ildebrando Clemente, Vanni Codeluppi, Francesco Collotti, Stefano Cusatelli, Loris Dal Pos, Anna Del Monaco, Lucia De Vincenti, Carlo Gandolfi, Giordano Gasparini, Aimaro Isola, Martina Landsberger, Giovanni Leoni, Eleonora Mantese, Carlo Alessandro Manzo, Marco Maretto, Patrizio Martinelli, Mauro Marzo, Nicola Marzot, Piero Orlandi, Raffaele Panella, Marcello Panzarella, Luigi Pavan, Carmine Piscopo, Enrico Prandi, Carlo Quintelli, Raffaella Radoccia, Luciano Semerani, Gigetta Tamaro, Carlotta Torricelli, Guillerme Wisnik