Con dispersione insediativa generalmente indichiamo un fenomeno di origine remota (Secchi, 2008), di portata globale ma declinazione locale (Lanzani et al, 2011) e che oggi ha assunto dimensioni e forme tali da sollevare più questioni relative la sua sostenibilità. In tal senso sembra essere necessario ragionare in termini di costi sociali, economici e ambientali (Camagni et al, 2002) per comprendere le ricadute, in alcuni casi anche interdipendenti, che l’applicazione di un modello insediativo disperso produce sul territorio.
Il cosìdetto consumo di suolo, per esempio, è ormai visto all’interno del dibattito disciplinare e dell’opinione pubblica come un dato di fatto urgente, lo spreco di una risorsa finita a fronte di un uso probabilmente poco efficiente. In Italia, nell’ultimo decennio, il consumo di suolo non sembra essersi confrontato con la dimensione demografica ed economica. Nella vicina Svizzera, invece, si osserva oggi una crescita demografica ed economica che continua ad alimentare la richiesta di suolo pro-capite. La Confederazione, attraverso il nuovo Piano Territoriale (2012), in fase di approvazione, si pone l’obiettivo di limitare il consumo di suolo, proteggere il paesaggio e soddisfare la crescita. Si reintroduce il concetto di sviluppo centripeto, già visto in Svizzera nei Programmi d’Agglomerato, che comporta una limitazione degli insediamenti e un aumento dello sfruttamento delle zone già edificate, attraverso processi di densificazione edilizia che promuovano però la qualità dello spazio pubblico e degli insediamenti stessi. L’intento sembra essere quello di controllare il consumo di suolo per preservare i territori dalla dispersione insediativa adottando un modello urbano compatto. Su questo tema anche le politiche comunitarie si sono da tempo avvicinate: contro l’espansione insediativa selvaggia già la Green Paper on the Urban Environment del 1990 riconosceva fra gli obiettivi la necessità di un tessuto urbano compatto, la Carta di Aalborg (1994) e la Carta di Lipsia (2007), a scale diverse, riconoscono da un lato le potenzialità di un’alta densità insediativa e dall’altro la necessità di una struttura urbana compatta per uno sviluppo urbano sostenibile. Con l’obiettivo di ridurre la proliferazione urbana nello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (1999) si prende a modello la città compatta e nella recente Strategia tematica sull’ambiente urbano (2006) si promuovono insediamenti ad alta densità e a uso misto.
Dal 2008, in Svizzera, il gruppo Krokodil1 lavora, a titolo gratuito, ad uno studio sulla pianificazione territoriale per la regione periferica a nord- est di Zurigo, nella valle del fiume Glatt, un’area formata da 11 comuni e 2 distretti urbani. Il gruppo guarda al modello “città” per applicarlo poi all’area: promuovere uno stile di vita urbano, compattare gli insediamenti per contrastare la crescente dispersione insediativa. Nasce così la città di Glatt. Come si legge nel manifesto (Roesler, 2012), la consapevolezza di un uso responsabile delle risorse finite caratterizza l’immagine della città stessa e ne garantisce la qualità per i suoi abitanti. Una città che nel suo complesso si propone compatta e sostenibile e che si sostanzia entro il paesaggio della dispersione insediativa. Le aree di confine tra i diversi comuni diventano, per il gruppo di lavoro, le nuove aree di sviluppo, i luoghi dove concentrare nuovi insediamenti caratterizzati da una densità edilizia elevata, mix funzionale e spazi verdi di qualità. Diversi strumenti urbanistici, fra cui il Flächentransfer (simile all’italiana perequazione urbanistica), permettono di trasferire diritti edificatori da un luogo a un altro, proteggendo così porzioni di territorio dalla dispersione insediativa e produrre densità e compattezza dove desiderato. Anche perché tali strumenti sono applicati ad una scala territoriale. La distribuzione della densità si confronta poi con una varietà di reti, sovrapposte e interconnesse, che governano e disegnano una struttura urbana policentrica: il sistema del “verde”, del trasporto e dell’energia. Il sistema del “verde”, attraverso una rete capillare di spazi aperti diversi (corridoi ecologici, parchi urbani e di quartiere), che mette ordine fra i frammenti prodotti dalla dispersione insediativa, sostiene la mobilità lenta, ciclabile e pedonale, e promuove la qualità ambientale. Il “verde” sagoma il costruito, i nuovi interventi edilizi, e diventa la spina dorsale del progetto. Attorno al nuovo sistema di trasporto pubblico (treno, tram, autobus), che si integra con quello esistente centrato su Zurigo, si raddensa il costruito. I flussi di traffico sono sostenuti dai nuovi tessuti urbani, compatti e ad alta densità, che si giustappongono lungo la linea stessa e che limitano l’uso del mezzo privato, meno sostenibile. Il progetto, così facendo, intende ridefinire il paesaggio della dispersione attraverso limiti, relazioni, consistenze e forme di una nuova città compatta e sostenibile.
Ad ogni epoca di crisi è corrisposta una nuova consapevolezza circa i concetti di scarsità e limite. Se in passato il limite allo sviluppo e alla costruzione fisica della città era determinato da deficit di tipo tecnologico e/o di potere (Secchi, 2000), oggi sembra che siano la consapevolezza nei confronti delle crisi e le successive “assunzioni” di modelli di sviluppo sostenibile ad individuare i limiti ad una crescita altrimenti illimitata, anche sul territorio. In quest’epoca di “consapevolezze”, la città sembra assumere il ruolo di risorsa: da un lato una risorsa rinnovabile, il luogo della stratificazione che si compone di materiali urbani riciclabili (Viganò, 2012), dall’altro assume le caratteristiche di un modello, come nel caso del gruppo Krokodil, utile a reinterpretare la dispersione insediativa.
Nicola Vazzoler è dottorando in “Politiche territoriali e progetto locale” presso la Scuola dottorale di “Culture e Trasformazioni della Città e del Territorio”, Roma Tre Università degli Studi, XXVII ciclo.
Bibliografia
Camagni R., Gibelli M.R., Rigamonti P. (2002). I costi collettivi della città dispersa, Firenze: Alinea.
Lanzani A., Pasqui G. (2011). L’italia al futuro. Città e paesaggi, economie e società, Milano: Alinea.
Roesler S. (2012). Glatt! Manifest für eine Stadt im Werden, Zürich: Park Books.
Secchi B. (2008). La città del ventesimo secolo, Bari: Editori Laterza
Secchi B. (2000). Prima lezione di urbanistica, Bari: Editori Laterza.
Viganò P. (2012). Riciclare città. In Ciorra P., Marini S. a cura di, RE-CYCLE. Strategie per l’architettura, la città e il pianeta, Milano: Electa, 102-119.
Piano Territoriale Svizzera (2012) (http://www.uvek.admin.ch/themen/02536/02545/02547/index.html?lang=it)
Carta di Lipsia (2007)
(http://ec.europa.eu/regional_policy/archive/themes/urban/leipzig_charter.pdf)
Strategia tematica sull’ambiente urbano (2006)
(http://ec.europa.eu/environment/urban/pdf/com_2005_0718_it.pdf)
Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (1999) (http://europa.eu/legislation_summaries/regional_policy/management/g24401_it.htm)
Carta di Aalborg (1994)
(http://ec.europa.eu/environment/urban/pdf/aalborg_charter.pdf)
Green Paper on the Urban Environment (1990) (http://ec.europa.eu/environment/urban/pdf/com90218final_en.pdf)