Abstract
Il termine Smart City nasce come risposta ad alcuni problemi concreti che la città del XXI secolo si trova ad affrontare: aumento della popolazione, dell’inurbamento, cambiamento climatico. La città del XX secolo si è sviluppata in maniera deregolata, senza considerare quanto il “bene Terra” fosse limitato e come il suo ecosistema fragile. E’ all’interno di questo clima che il concetto di città “intelligente” nasce e si sviluppa. Lo studio si pone l’obiettivo di studiare il fenomeno partendo dall’analisi delle sue origini e dall’evoluzione storica che lo ha prodotto.
Testo
“L’Europa si costruisce. E’ una grande speranza, che si realizzerà soltanto se terrà conto della storia: un’Europa senza storia sarebbe orfana e miserabile. Perché l’oggi discende dall’ieri, e il domani è il frutto del passato. Un passato che non deve paralizzare il presente, ma aiutarlo a essere diverso nella fedeltà, e nuovo nel progresso.”
Jacques Le Goff
C’è stato un momento, nella storia recente, in cui città e architettura hanno cominciato a prendere strade diverse. Accade anche nelle migliori unioni: un momento si lavora insieme, un momento dopo c’è aria di crisi e i punti di contatto vengono a mancare. Così è forse stato per città e architettura: un tempo la seconda genitrice della prima e viceversa, lo scambio intellettuale appariva costante e fertile.
La criticità insita nella città contemporanea appare evidente, non solo agli occhi attenti degli addetti ai lavori, urbanisti a architetti, ma anche alla popolazione, che in essa vive e si relaziona. La congestione del traffico, la scarsa qualità degli edifici e l’incuria di molti di essi, la qualità pessima dell’aria, la condizione di “dormitorio” della maggior parte delle periferie, non solo in Italia, ma più generalmente nel contesto europeo, rendono i centri urbani contemporanei malsicuri e in crisi. Il progetto dei contesti urbani e, soprattutto la loro gestione e gli interventi su di essi, sono troppo spesso demandati a criteri economici e politici, piuttosto che ai più basilari dettami architettonici di equilibrio, funzionalità e armonia. Gli attori stessi del processo sono sempre meno gli architetti, la cui professione viene relegata a situazioni eccezionali o a grandi opere, che spesso possiedono caratteri di autoreferenzialità, piuttosto che di attenta lettura dei contesti urbani.
In aggiunta alle problematiche relative ad una sostanziale crisi del mestiere dell’architetto, almeno per come era inteso nel secolo scorso, esistono tutta una serie di ulteriori criticità che la città contemporanea si trova a dover affrontare:
- i decreti europei che impongono una riduzione sostanziale delle emissioni nocive e un miglioramento complessivo delle condizioni ambientali ed energetiche dei territori;
- le pressioni di un mercato che, seppur in crisi, tende a proporre quotidianamente nuove tecnologie e nuove app, per la vita quotidiana, ma anche per la vita all’interno dei contesti urbani (basti pensare alle app di geo-referenziazione, di informazione sugli eventi e sui monumenti contenuti in una particolare città, a quelle sul traffico, sul car-sharing, etc);
- la presenza di edifici o di interi quartieri obsoleti, che forniscono problematiche non solo dal punto di vista energetico, ma anche relative alla sicurezza, alla gestione delle reti, alla mobilità;
- periferie perlopiù ridotte a “dormitori” ovvero a luoghi che tendono a svuotarsi durante le ore diurne a causa della connotazione a pendolari della popolazione residente;
- il costante e crescente consumo di suolo, a scapito della periferia rurale, in favore di un tasso di costruito non in linea con le reali necessità demografiche;
- la costante e sempre maggiore richiesta di risorse, che si aggiunge all’aumento della popolazione e al suo costante e sempre maggiore inurbamento;
- l’informatizzazione della società, scarsamente prevedibile e controllabile, che permette una vita sociale in stretto contatto con i network informatici.
E’ all’interno di questo clima di crisi dei valori tradizionali dell’architettura e dell’urbanistica, ma anche di crisi economica e sociale, di scarsità diffusa di benessere e di risorse fisiche, che il tema della Smart City nasce e si alimenta: una volontà, un tentativo di risposta e di risoluzione a questo insieme complesso di problematiche. (Wolfram, 2012)
Il tema della Smart City appare dunque in una duplice luce: da un lato si pone come tentativo di risposta a queste criticità urbane e sociali, suscitando un grande fermento nel dibattito contemporaneo, non tanto all’interno di quello architettonico, ma più spesso all’interno dei contesti informatici e tecnologici; dall’altro la grande pubblicizzazione all’interno dei media e il largo utilizzo del termine, operato dai decisori politici e dalle grandi imprese, le fanno perdere sostanza e credibilità, rendendolo un tema pericoloso, all’interno del quale mascherare interventi che tutt’altro sono, fuorché “intelligenti”.
I significati della Smart City
Il termine smart nasce come marchio nel 1996, quando entra sul mercato un’utilitaria del gruppo Daimler AG: un’automobile piccola, poco costosa e tecnologicamente innovativa (Masiero 2014); per definirla con un lessico anglofono small, cheap and technological, in altri termini smart. Ecco, dunque, che da questo momento, il termine viene associato dal grande pubblico a queste caratteristiche di facilità di gestione e di acquisto, nonché ad un oggetto estremamente versatile nel suo utilizzo. E’ probabilmente in questo momento, inoltre, che la smartness diventa una caratteristica associata al contesto urbano: una caratteristica che indica una facilità “intelligente” e tecnologica di gestire lo spazio e le finanze (Masiero, 2014). Pochi anni prima, nel 1992, la IBM immette sul mercato il primo dispositivo mobile in grado di convogliare le funzioni di un telefono cellulare e la gestione di dati personali, tramite strumenti definiti app. Questo strumento verrà d’ora in avanti chiamato smartphone, per le sue capacità di essere particolarmente efficiente, pur nelle sue dimensioni ridotte e nel suo costo relativamente basso (Masiero, 2014; Dall’O’, 2014). Al di là dei due episodi, riportati come genesi del termine smart, in letteratura esistono significati diversi associati ad esso, che prendono influenza dalle sfere tematiche cui fanno riferimento. Nel linguaggio del marketing, ad esempio, il termine indica un bisogno del consumatore di avere un prodotto semplice da gestire, user-friendly: un prodotto semplice, capace di rispondere agli input in maniera immediata ed efficace. Il termine in questo contesto appare più accattivante del maggiormente comune intelligent / intelligente. Negli ultimi anni, anche in Italia, il termine inglese smart viene maggiormente usato rispetto a “intelligente”, proprio della lingua italiana, e questo testimonia una grande vendibilità e moda del termine inglese stesso. Nel contesto urbano, viene tendenzialmente associato al termine growth (crescita), ad indicare una sorta di direzione strategica per lo sviluppo e la crescita urbana, tramite l’utilizzo di tecnologie e strategie innovative indirizzate verso sviluppo sostenibile, sviluppo economico e una migliore qualità nella vita dei cittadini (Nam & Pardo, 2011). Infine, nel contesto tecnologico, il termine indica la capacità dei dispositivi di fornire risposte automatiche a determinati input, come nei casi di auto-configurazione, auto-analisi, auto-protezione e ottimizzazione.
Appare più chiaro, dunque, come una smart city possa afferire, per semantica, ad una città con tre caratteristiche fondamentali: essere “utilizzabile” dai cittadini, in un ottica user-friendly; avere una dimensione progettuale strategica, con l’obiettivo di migliorare la vita della popolazione; essere, infine, in grado di “auto-gestirsi”, nel senso di essere in grado di raccogliere dati e agire di conseguenza, in maniera automatica, “programmata”.
Smart City: utopia o realtà?
L’utilizzo di componenti tecnologici, come motori del cambiamento non è un fattore innovativo nella storia delle grandi evoluzioni urbane. Facendo, infatti, una riflessione a ritroso nella storia si possono osservare importanti similitudini: il ruolo delle innovazioni ha da sempre scatenato profondi cambiamenti, basti solo pensare a quelli causati dalla rivoluzione industriale, dall’avvento dell’elettricità o dall’impiego del cemento nelle costruzioni. Ma non solo l’innovazione ha portato ad importanti mutamenti nella storia urbana, anche il verificarsi di situazioni di crisi o di necessità profonda, come ad esempio accade oggi per la scarsità di risorse, ha contributo in maniera fondamentale (Hajer a Dassen, 2014).
Alla fine del Medioevo, un grande fermento intellettuale era costituito dal pensiero e dal progetto delle città ideali o città utopiche. La necessità di uscire da un periodo di crisi igienica, sociale, economica e politica portava alcuni intellettuali a disegnare e progettare delle città innovative, in cui la geometria, l’ordine delle parti, la gerarchia e la funzionalità erano alcune delle linee di sviluppo principali. Ma anche città in cui la società poteva vivere secondo armonia e qualità della vita. Basti pensare agli scritti di Campanella e di Moro, ma anche agli esempi realmente costruiti, come Eliopoli o Terra del Sole, fatta costruire in Italia, da Cosimo I de’ Medici.
L’attuale dibattito sulla Smart City non si discosta forse molto dal dibattito antico sulle città ideali. Sebbene con mezzi e metodologie differenti, il dibattito viene nutrito a partire da una situazione di crisi e si propone di “costruire” città strutturate secondo funzionalità, facilità di gestione, ordine, fino quasi alla definizione di una “geometria delle reti”.
Come la città ideale di Campanella era costruita come sovrapposizione di sei gironi, ognuno dei quali rappresentava una diversa sfera del sapere, la Smart City viene comunemente suddivisa in filoni di ricerca principali: governance, living, environment, mobility, economy, people. Come la città ideale viene rappresentata secondo simmetria e proporzioni, la smart city viene spesso rappresentata come città di reti, in cui l’edificio è smaterializzato, in favore della sua funzione di “network”, di nodo di una rete. Certa-mente si tratta di forzature, tuttavia utili a mettere in risalto come la città smart sia un’idea, un modello, che si propone di studiare soluzioni alternative per il miglioramento e l’evoluzione della città contemporanea.
E’ davvero la Smart City solo un’utopia? Ciò che appare come certo è che questo dibattito sta mettendo sempre maggiormente in risalto alcuni fattori di grande importanza:
- la necessità che l’architettura si confronti sempre maggiormente con la tecnologia e con una tecnologia in grado di innovarsi quotidianamente, con l’obiettivo di definire delle forme costruttive nuove, che non rinneghino la storia dell’architettura, ma che siano in grado di favorire le nuove necessità della società;
- il ruolo della governance o del “buon governo” a cui viene richiesta una gestione attenta alle risorse, in collaborazione con l’insieme degli attori della realtà urbana (cittadini, imprese, gestori delle reti, finanziatori);
- il ruolo della tecnologia, che dovrà sempre più integrarsi alla realtà urbana, in un ottica di miglioramento della sua gestione e del suo funzionamento;
- il ruolo del risparmio energetico e della valorizzazione ambientale, sempre più necessari per la sopravvivenza stessa della vita umana;
- la necessità che gli architetti stessi entrino maggiormente all’interno del dibattito, per portare un contributo di utilitas, firmitas e venustas, per lo sviluppo futuro della città stessa.
Bibliografia
Benevolo, L. (1993), La città nella storia d’Europa, Laterza
Bonomi, A. , Masiero, R. (2014), Dalla smart city alla smart land, Marsilio editore
Cacciari, M. (2004), La città, Rimini: Pazzini editore
Dall’O’, G. (2014), Smart city, Bologna: Il Mulino
Giffinger, R., et al (2007), Ranking of European medium-sized cities, in Final Report, Vienna
Hajer, M., Dassen, T. (2014), Smart about cities. Visualizing the Challenges for 21st Century Urbanism, nai010 publisher, June, Netherlands
Hall, R. (2000), The vision of a Smart City, in 2nd International Life Extension Technol-ogy Workshop, September 28, Paris
IBM (2010), A vision of smarter cities. How cities can lead the way into a prosperous and sustainable future, IBM Global Business Services, USA
Kanter, R. M., Litow, S. S. (2009), Informed and Interconnected: a Manifesto for Smarter Cities, Working Paper 09-141, June 15
Kruft, H.W. (1990), Le città utopiche. La città ideale dal XV al XVIII secolo fra utopia e realtà, Laterza
Nam T, Pardo T (2009), Conceptualizing smart city with dimensions of technology, peo-ple, and institutions, in Proceedings of Annual International Conference on Digital Government Research, 2009
Nam T, Pardo T (2011), Conceptualizing smart city with dimensions of technology, peo-ple, and institutions, in Proceedings of the 12th Annual International Digital Government Research Conference on Digital Government Innovation in Challenging Times, June 12-15, College Park, USA
Papa, R., Gargiulo C., Galderisi, A. (2013), Towards an urban planners perspective on smart city, in TeMA – Journal of Land Use, Mobility and Environment (1)
Partridge, H. (2004), Developing a Human Perspective to the Digital Divide in the Smart City, in proceedings ALIA 2004 Challenging Idea, September 21-24, Australia
Rios, P. (2008), Creating "the smart city", available from: http://dspace.udmercy.edu:8080/dspace/bitstream/10429/20/1/2008_rios_smart.pdf.
Washburn, D., Sindhu, H. (2010), Helping CIOs understand “Smart City” Initiatives, For-rester Research, USA
Wolfram, M. (2012), Deconstructing Smart Cities: An Intertextual Reading of Concepts and Practices for Integrated Urban and and ICT Development, in proceedings REAL CORP 2012, Tagugsband, May 14-16
Saveria Boulanger. Nata in Francia, vive in Italia mantenendo costanti rapporti con il paese di origine per attività di ricerca. Nel 2013 è ammessa al Dottorato in Architettura, XXIX ciclo, all’interno del quale svolge una ricerca sul tema della Smart City, con l’obiettivo di delinearne le caratteristiche principali e di studiarne gli sviluppi. E’ stata selezionata per il label PhD Climate KIC. Nel 2013 consegue l’Abilitazione alla professione di Architetto e la Laurea Specialistica in Architettura, presso l’Università degli Studi di Ferrara, (110/110 e lode).