Abstract
Un’esperienza
diretta svolta su una delle scene più prestigiose dell’accademia americana
contribuisce alla restituzione di un profilo tipologico del campus, luogo che
produce cultura e che,
originariamente, si pone rispetto alla città secondo un principio di anti
urbanità. Il campus,
secondo l’ideale americano, rappresenta oggi una parte di città di per sé finita che
vuole impressionare lo spettatore - studente, abitante della città o visitatore
che sia - accentuandone gli effetti emotivi mediante la sua capacità di
introiettare il complesso programma funzionale dell’intero insediamento urbano
e comunicarlo attraverso figure teatranti.
Testo
Cosa di più
eloquente di un’immagine per descrivere un fatto, se per di più
urbano, come una città o un frammento di città?
Walter
Benjamin nel suo scritto “Immagini di città”, attraverso istantanee narrative
focalizzate su aspetti sociologici e antropologici, oltre che politici, tenta di
immortalare luoghi notevolmente differenti tra loro per cultura identitaria,
captandone le peculiarità rilevate a seguito di esperienze dirette.
In sintonia
al riferimento letterario, l’architetto riconosce i caratteri distintivi di una
città toccando con mano le forme che sottendono funzioni e da cui scaturiscono
fenomeni comportamentali collettivi, oltre che l’immagine reale del soggetto.
Nel mare
magnum del teatro urbano, immagine allegorica che ben descrive lo stato
dell’arte della città contemporanea europea e non solo, le peculiarità
caratteriali sono rappresentate da protagonisti della scena urbana emergenti
rispetto al paesaggio dell’indistinto.
Tali
personaggi, spesso riconducibili a contenitori specializzati che replicano il
tipo architettonico della “grand machine”, se
corroborati da elementi di supporto che garantiscono una multifunzionalità
d’insieme, attivano un effetto di centralità urbana latente nel composito
insediativo.
Ne derivano,
quindi, luoghi dal ruolo differenziato in funzione della loro capacità
relazionale transcalare con l’unità urbana e l’area vasta territoriale. Secondo
questo principio, sono codificabili centralità reagenti con parti di città, con
il paesaggio metropolitano e con sistemi di relazione policentrici.
Il luogo del
Campus Universitario, - importato non manieristicamente dal modello americano –
così come svariate polarità catalizzatrici di flussi extraurbani, incarna una
potenziale centralità di tipo metropolitano, adottabile come quartiere -pilota per sperimentazioni
di nuovi modelli urbani a qualità integrata, attuabili mediante politiche di
rigenerazione basate sulla tecnica della densificazione.
“Il tema
della teatralità urbana emerge nel momento in cui la città cessa di espandersi
e necessariamente deve guardare a se stessa, così rilevando il deficit
identitario di immagine, nonché di vivibilità ed appartenenza che ha
contraddistinto il suo recente sviluppo. Come recuperare attraverso gli
strumenti dell’architettura e del progetto urbano una condizione in cui la
città, in particolare quella della periferia, ridiventi teatro delle relazioni
e delle rappresentatività sociali che la animano? “(1)
Il contesto
descritto è l’esito di un atteggiamento di anti-città radicato nelle strategie
di pianificazione e sviluppo urbano, da cui, sovente, sono derivati i campus
universitari moderni, fortemente connessi all’infrastruttura ma altrettanto
fortemente sconnessi dal corpo
compatto della città.
La lezione
americana, incentrata sulla tipologia architettonica del campus, al contempo
sala prove, backstage e palcoscenico per comunità elitarie "griffate" Ivy
League, insegna come originariamente il campo-base universitario sia stato
concepito quale alternativa alla città, tanto da riprodurne l’intera
complessità programmatica, all’interno di una sorta di falansterio dello
studente. La comparazione analogica secondo la metafora teatrale, porta al
parallelo con il teatro classico e il teatro all’antica tardo rinascimentale,
per i quali vale il principio dell’introversione e dell’isolamento rispetto ai
restanti luoghi comunitari urbani.
Dall’avvento
dell’istituzione dipartimentale e dal conseguente aumento dell’offerta
didattica, è derivata una maggior necessità di spazi specifici per ogni area
disciplinare, corrispondente ad una contestuale esplosione della forma del
cromosoma settecentesco/ottocentesco. L’esito morfologico è un insediamento
moderno articolato e diffuso in stretta interfaccia col tessuto connettivo
della città in espansione; estroflesso per quanto concerne le dotazioni
territoriali di cui il campus può avvalersi e introflesso per quanto riguarda,
invece, strutture intercambiabili di gruppo e di massa.
Svariati sono
i modelli moderni di campus americani, in cui si può percepire sensitivamente
l’ensemble delle forme frammentarie plastiche ed espressive, componenti una
sorta di drammaturgia urbana; tra questi, la Loyola Law School di Los Angeles
(1920). Un vero e proprio revival architettonico in forma di patchwork di
elementi volumetrici classicheggianti, composti come fossero una scenografia.
Interessante è la lettura che si può dare all’intervista del progettista, F.
Gehry, montata in un video-documentario presente sul sito internet ufficiale
dell’università, in cui compare seduto su una poltrona da regista; un’immagine
allegorica dell’architetto-regista-drammaturgo.
Il Gehry
della Loyola pare essere l’antenato del Gehry che progettò il Ray and Maria
Stata Center Pavillon all'interno
del[8]
Massachusetts Institute of Technology di
Boston.
Il MIT è un
istituto universitario altamente avanzato, specializzato nella ricerca
tecnologica, dotato di servizi allo studente tali da garantire un'esperienza[9] di vita
compiuta e unica, all’interno di un vero e proprio quartiere oggi completamente
inglobato nella periferia oltre il fiume Charles.
Il suddetto
campus è il soggetto dell’istantanea prescelta da cui derivare, mediante una
descrizione didascalica svolta secondo parole chiave, caratteristiche
morfo-tipologiche del campo[10] -base[11] americano
contemporaneo.
Impianto
architettonico:
fondato nel
1861, il campus si insedia sulla riva sinistra del Charles River, in prossimità
della confluenza con il Mystic River su cui, nel 1630, nacque la città di
Boston.
Il corpo
matrice neoclassico si presenta a corte aperta con doppia manica articolata
secondo due assi ordinatori (Est-Ovest, Nord-Sud) e contrassegnati da due
“pantheon”.
Questi ultimi fungono sia da cerniere compositive che, con le loro
cupole denotative, da landmarks segnalanti gli ingressi monumentali al corpo
storico. Gli spazi verdi acquisiscono sin da subito una notevole importanza sia
dimensionale che di ruolo, come dimostra il parco accolto all'interno della
corte stessa e prospiciente il fiume Charles. A Ovest, in stretto contatto con
l’arteria viabilistica urbana ed extraurbana di collegamento con la città
storica oltre fiume, è situato l'ingresso principale. L’accesso è
caratterizzato da un pronao che svolge ruolo di filtro tra la hall
“piranesiana”, la strada e il parco lineare frontale, luogo dell'aggregazione e
della residenzialità studentesca. La neoclassicità del corpo originario è
trasmessa dai tipici elementi architettonici, archetipi di stili differenti,
come frontoni, colonnati, fregi e trabeazioni, oltre che dal passo ritmato
delle campate spaziali evidenziate in prospetto con paraste. Ad Est, le
articolazioni moderne, cresciute dal XIX sec ad oggi, si sono inflesse ai
caratteri formali e tipologici del corpo primigenio. Elementi lineari e
puntuali, stilisticamente eterogenei, (dal razionale all’hi-tech, passando dal
brutalismo che ha contrassegnato la Boston del XIX sec. con pezzi d’autore come
il Municipio di Kallmann McKinnell &
Knowles e la Government Service Center di Paul Rudolph) composti tra loro,
organizzano una sequenza di spazi
conclusi ma permeabili, riconducibili allo schema di corti/piazze interne
attrezzate.
Il parco ad
Ovest è tipologicamente riconducibile ad un mall verde bordato, a sud, da una
promenade di residenze e, a Nord, da una schiera di servizi complementari e
dalle attività aggregative proprie del campus. Nonostante il forte rapporto tra
gli edifici e la strada, non è percepibile il confine, se non quello naturale a
Sud dato dal fiume. Tale aspetto favorisce la diffusione di funzioni all’esterno
del composito primario ma in continuità con esso.
Polarità
Il campus
americano è anche meta turistica: i brillanti studenti ne sono ciceroni ed
entusiasti promotori. Il valore storico e la qualità contemporanea sono fattori
attrattivi per le masse. Il visitatore è attirato da emergenze architettoniche
che rappresentano la punteggiatura del tessuto della città universitaria. Nel
caso specifico, l’edificio-monumento della tecnologia e della scienza è il Ray
and Maria Stata Center Pavillon, simbolo dell’hi-tech che ospita
prevalentemente laboratori di ingegneria elettronica e informatica, laboratori
di ricerca sull’intelligenza artificiale e aule didattiche. In puro stile Gehry, l’edificio è
il manifesto dell'avanguardia tecnologica ed espressiva propria dell’istituto.
Tale esempio
architettonico, insieme ad altri elementi caratterizzanti le fasi evolutive
moderne del campus, risponde a requisiti estetici puro visibilisti.
Residenzialità
e aggregazione
La funzione
residenziale, a cui si associa comunemente il concetto di casa-confraternita
tipicamente anglosassone, è concentrata in un ambito esterno al nucleo
operativo didattico; si articola attraverso una composizione seriale e
sequenziale decisamente eclettica di volumi che[12] marcano la
riva del Charles. La loro disposizione crea l’elemento bordo che, in
complementarietà con il filo edificato stradale speculare, configura la
tipologia stessa del mall prospiciente
la "rotonda" dell'ingresso principale.
Il centro del
mall, spiccatamente jeffersoniano, è animato dal Kresge Auditorium, progettato
da Eero Saarinen, attorno a cui si sviluppano le aree sportive e ricreazionali
all’aperto.
La scelta
localizzativa è portatrice di un'idea di "villaggio dello studente"
in cui il comfort è garantito, oltre che dalla qualità degli spazi abitativi,
dalla ricca dotazione di servizi all’utente. La schiera di residenze,
dialogando con l’interno del mall e con il fiume verso il Memorial Drive, si
caratterizza per la sua “bifrontalità” ben espressa nel caso eccezionale della
Baker House, la casa dello studente progettata da Alvar Aalto nel 1946.
L’organicità tipica dello stile aaltiano irrompe nella serialità razionale dei
primi blocchi residenziali che aprono l’enfilade volumetrica. Trattasi della
casa dello studente destinata agli allievi dell’ultimo anno, priva di ogni
simbolo istituzionale come da volontà del progettista. L’edificio contrasta
fortemente col linguaggio neoclassico proprio del cromosoma fondativo. Il
rapporto con il segno territoriale naturale dato dal fiume si riflette nelle
facciate ondulate rispondenti a requisiti di visibilità, di aderenza e rapporto
col paesaggio, di esposizione solare e conseguente comfort interno, oltre che
di varietà distributiva. Infatti, rispettando il programma progettuale, le
stanze interne singole, doppie e triple per un totale di 353 posti letto,
godono tutte di affacci diretti sul lungofiume e di un ottimo soleggiamento.
La varietà
tipologica di camere riflessa anche in prospetto, derivata dalla particolare
forma a doppia curva, fa sì che all’interno del volume si vengano a creare
spazi comuni adibiti a sale relax e piccoli refettori.
La residenza
descritta è espressione di un social-housing ante litteram.
Mens et
Manus:motto del MIT
e mantra dello studente e del docente che lo abitano; manifesto di
un luogo specializzato ed evoluto, protagonista di un’opera messa in scena nel
teatro delle forme urbane.
Note
[1] http://www.festivalarchitettura.it/fa5_2013/festival/It/Tema.asp
Bibliografia:
W. Benjamin, Immagini di città, Torino, 2007
I. Calvino, Lezioni americane, Torino, 2000
G. Canella, Il sistema teatrale a Milano, Bari, 1966
G. Canella, L. Stellario D’Angiolino, Università,
ragione, contesto, tipo, Bari, 1975
K.
Christiaanse, K. Hoeger, Campus and the city: urban design for the knowledge
society, Zurich, 2007
M. Loi, Thomas Jefferson, 1734-1826. Primo architetto
americano, Torino, 1993
C. Quintelli, La città del teatro, Milano, 1995
P. Reed, Alvar Aalto. 1898-1976, Milano, 2007
Tesi di dottorato: N. Montini, Tecnica di densificazione
attraverso le centralità urbane di parti di città, Parma, 2015
Tesi di dottorato: A. Nolli, Tecnica di densificazione
attraverso le centralità urbane in sistema di relazione policintrico, Parma,
2015
Tesi di dottorato: P. Strina, Tecnica di densificazione attraverso
le centralità urbane di tipo metropolitano, Parma, 2015
Sitografia
www.mastercampus.it
web.mit.edu/
http://www.festivalarchitettura.it/fa5_2013/festival/It/Tema.asp
Paolo
Strina, architetto, è dottore di ricerca in Composizione architettonica
presso la Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università degli Studi di
Parma. Fa parte del gruppo di ricerca UAL, Urban and Architectural Laboratory
della stessa università.