La componente universitaria, strategicamente indispensabile nello sviluppo di un’economia della conoscenza, rappresenta una risorsa determinante per la struttura e il paesaggio della città dove la ricerca è alla base di ogni laboratorio produttivo caratterizzato dall’innovazione, in cui la tipologia del campus universitario diventa strumento poleogenetico necessariamente complementare al contesto della città e alla realtà territoriale preesistente.
Testo
Il
tema del “campus” rientra sicuramente tra quelli che hanno caratterizzato la
storia moderna del progetto architettonico per quanto riguarda gli aspetti più
intrinseci al significato ontologico della città. Primo tra tutti quello
comunitario, se è vero che il principale fattore causale del fenomeno urbano è
la comunità necessaria, quella del risvolto economico, socio-politico sino al
conformarsi culturale. Un protagonismo della città, come ci ha insegnato Max
Weber, capace di estenderne il ruolo ad altre più vaste configurazioni
comunitarie, legate a territori più o meno vasti sino all’identificarsi, in
senso geopolitico con una nazione o, sempre più oggi, geo-relazionale rispetto ad
una rete di centri omologhi. Se si parte
da questi presupposti tra campus e città, l’idea, ma anche la tipologia formale
del campus, può essere storicamente rilevata nei processi fondativi non solo di
una città ma anche di una intera nazione. Per il contesto americano ad esempio, come
dimostra assai bene Paul Venable Turner [1], il tema del campus è originario e
formalmente più definito rispetto a quello della città la quale, ancora nella
prima fase di nascita di una nazione, si limita all’agglomerato del villaggio o
tuttalpiù allo schema dell’impianto coloniale. Non solo, la stessa idea di
città come espressione di una centralità rappresentativa vede sovrapposta
l’elaborazione formale del campus universitario e della città, come nel caso
delle città capitali americane, e di Washington in particolare [2]. La vicenda americana del rapporto simbiotico
tra campus e città è d’altra parte sintomatica del potenziale di una comunità
universitaria che utilizza ma al tempo stesso riproduce molti aspetti della fenomenologia
urbana. Certo nel caso europeo in termini più organici alla rinascita del
fenomeno urbano, a partire dalla fase medievale, quindi meno distinguibile in
se poiché assunta all’interno di una strutturazione socio-politica ed economica
in grado di individuare autonomamente le componenti funzionali e rappresentative
necessarie: dalle fabbriche delle cattedrali ai broletti e alle piazze di
mercato della comunità borghese sino all’incastellamento urbano dei ceti
aristocratici. In
ogni caso la consapevolezza che dovrebbe accompagnare chi oggi opera sul tema
del campus universitario è quella di uno strumento poleogenetico continuamente
sperimentato nel corso storico della città e forse oggi, per molteplici aspetti,
caricato di ulteriori responsabilità.Basterebbe
pensare a come la componente universitaria sia strategicamente indispensabile
nello sviluppo di un’economia della conoscenza, quella dove la ricerca è alla
base di ogni laboratorio produttivo caratterizzato dall’innovazione. Da li lo
sviluppo dei grandi insediamenti universitari in ambito anglosassone, oggi
replicati dai nuovi protagonisti della crescita socio-economica alla scala
globale, quali centri di insediamento anche delle società a tecnologia avanzata
e dove il trasferimento tecnologico è svolto in chiave di stretta reciprocità.
In direzione per certi versi solo apparentemente opposta, i campus diventano
spesso luoghi di sperimentazione dei comportamenti ma anche delle tecnologie in
grado di garantire una eco-sostenibilità altamente dimostrativa nella prassi non
meno che nell’elaborazione ideologica. Tra tecno-campus ed eco- campus comunque
la cittadella universitaria si pone quale strumento di una proiezione
evolutiva, di un voler essere città futura.Accennando
a questa complessa vocazione, a dimostrazione del permanente protagonismo del
campus nel divenire della città, la domanda che ne consegue è come si
caratterizza tale ruolo nel contesto italiano dello scenario insediativo. Aldilà
di una integrazione costante con il tessuto storico urbano e le grandi fabbriche
monumentali che lo contraddistinguono, al punto da far identificare come campus
universitari significative porzioni dei nuclei storici della città italiana,
l’insediamento universitario del campus ha visto anche realizzazioni autonome
ma sempre complementari ad una città o realtà territoriale che preesiste. Sia
nei casi di caratterizzazione del rapporto con il territorio come a Chieti o ad
Arcavacata in Calabria, sia quando la dialettica del rapporto è con la città,
nell’addizione urbana della piacentiniana Città Universitaria a Roma o, in
tutt’altra scala, nella riproduzione del borgo centro italico dei collegi
universitari di De Carlo ad Urbino. Città e territorio, nella definizione
strutturale e nell’esito paesaggistico che ne consegue, tendono a riassumere in
se il dato insediativo del campus, ne metabolizzano l’apporto all’interno di
una propria fisiologia di trasformazione. Ne consegue che per il contesto
italiano sia difficile poter riconoscere un ruolo specializzato o addirittura
alternativo alla città del campus universitario in senso urbano. Semmai è nei
concetti di complementarietà, integrazione, sovrapposizione con la città che
possiamo ritrovare le ragioni dialettiche di una caratterizzazione
contestualizzata del “campus all’italiana”. Il
progetto Mastercampus dell’Università di Parma si muove a partire da questi
presupposti e ne ricava due principali linee di indirizzo a supporto del
proprio processo di avanzamento [3]. La prima è quella di una considerazione
strategica di insediamento universitario applicata all’intera articolazione
urbana, tra nucleo storico, prima periferia ed area suburbana. La città di
media dimensione, la caratterizzazione di un’urbanità diffusa e proiettata sul
territorio costituiscono i presupposti di una moltiplicazione dei nodi
insediativi universitari, dove la stessa idea di “campus” si moltiplica e si
caratterizza efficacemente, di volta in volta, nelle occasioni del tessuto
storico, nel plesso della cittadella ospedaliera anziché nell’area di mezzo tra
un territorio fortemente antropizzato, già solo per un’attività rurale
consolidata, e la periferia estrema raccordata all’anello della tangenziale. In
questa condizione la strategicità del campus è prettamente urbanistica per come
può strutturare, rafforzandoli, pezzi di città e territorio, introducendo
fattori di attrazione, logiche di centralità, gerarchia urbana. La
seconda instaura un rapporto critico con la città sul piano dimostrativo di
fronte a certe sue criticità, presupponendone un effetto di indotto positivo per
il contesto. E’ il caso della riqualificazione del tessuto storico dove gli
interventi dei Campus dell’Oltretorrente e del Centro possono contribuire a
combattere la fenomenologia di periferizzazione del nucleo centrale della città
che rileviamo attraverso il decentramento delle funzioni terziarie e
direzionali anziché il decadimento della rete commerciale. Oppure, come nel
Campus Scienze e Tecnologie, di una comunità accademica fatta di docenti,
ricercatori e studenti che si avvale della propria capacità autoriflessiva per
esprimere una progettualità integrata tesa a configurare un assetto fortemente
innovativo, di quartiere urbano ancor prima che di campus, sotto i molteplici
aspetti che i diversi settori scientifici sono i grado di esprimere: dalla
sostenibilità ambientale alla mobilità alternativa, dai modelli abitativi all’uso
dello spazio pubblico. Nella
dissolvenza incrociata tra campus e città gli strumenti dell’architettura,
ancora una volta nell’accezione transcalare e diacronica della tradizione
italiana, possono dare un contributo fondamentale alla trasformazione urbana,
declinando la componente universitaria quale risorsa determinante per la
struttura e il paesaggio della città.
Note
[1] Paul Venable Turner, Campus An American Planning Tradition,
MIT Press Cambridge, 1984
[2] Carlo Quintelli, L’architettura del centro, argomenti sull’identità capitale
della città, Torino 1996
[3] Per le molteplici attività della strategia Mastercampus si veda www.mastercampus.it
Carlo Quintelli, Professore Ordinario di Composizione Architettonica e Urbana, nella Facoltà di Architettura di Parma. Dal 2012 è vice direttore del DICATeA, Dipartimento di Ingegneria Civile, dell'Ambiente, del Territorio e Architettura dell'Università di Parma.