Abstract
Con gli appartamenti dell’edificio Girasol, (Madrid 1964-67), J. A. Coderch porta entro la cortina edilizia tradizionale la gerarchia compositiva e la spazialità delle sue ville unifamiliari. Il meccanismo aggregativo delle singole unità dilata lo spazio aperto attorno a cui si organizzano i locali padronali ad una dimensione di carattere paesaggistico, resa tangibile anche dai materiali e dal loro uso.
Nel 1964 una società immobiliare madrilena incarica l’architetto catalano José Antonio Coderch de Sentmenat (1913-1984) di costruire un edificio residenziale nel prestigioso quartiere di Salamanca, a Madrid. Denominato Girasol, completato nel 1967, è costituito da 32 appartamenti tra i 200 e i 250 mq di superficie, negozi e autorimessa interrata.1
Nella monografia di C. Fochs2 il Girasol si trova nel capitolo dedicato alle ville. Ed è un palazzo di ville, di quelle quasi ineffabili ville che era andato perfezionando lungo tutta la sua carriera, che Coderch ha pensato di fare del Girasol. Ha preteso inserire entro la cortina ottocentesca la spazialità della casa singola che, sapientemente moltiplicata, ha dato luogo ad una dimensione di paesaggio artificiale.
Coderch era insofferente all’edilizia di cortina3, che a Madrid supera i 20 metri di profondità con cavedi angusti: al Girasol se ne svincola e ruotando verso sudovest gli alloggi trova la migliore esposizione solare e ottiene vedute su strada accidentali che superano la larghezza esigua di questa4. Imposta la zona padronale sul vuoto di un recesso, quello che nelle ville è la zona raccolta del giardino, che aduna un soggiorno passante con loggia e una zona notte, mentre i locali di servizio, scale e ascensori dànno sul cortile. Una membrana accompagna lo sviluppo di ogni singola colonna di unità, che trovano una corporeità, affiancandosi una di spalla a quella contigua5.
Il soggiorno all’incirca è largo 4 metri per 12 di lunghezza. La membrana ne delimita il lato lungo, una parete continua tra interno ed esterno lunga oltre 20 metri, che si colgono in un unico sguardo, e sono addirittura maggiori dell’ampiezza della strada su cui affaccia la casa. La membrana si incurva, nel soggiorno, generando una concavità che accoglie il camino, per l’architetto uno dei centri focali della casa, mentre oltre la loggia appare nella sua vera dimensione verticale; l’orizzontale, intimo e compresso spazio del soggiorno/loggia si confronta così con una verticalità che precipita sotto la soletta della loggia e prosegue sopra; è la dimensione del palazzo urbano che Coderch volge a paesaggio e il rapporto che si instaura tra l’appartamento e lo spazio aperto ricorda quello di un anfratto in una scogliera. Nel vuoto della scogliera ci si può avventurare, salendovi, misurando quindi la sua verticalità, dai tre gradini del passaggio esterno dietro alle gelosie. Parallelamente il proiettarsi in fuori, a sbalzo, della zona notte avviene sia con la progressione geometrica delle stanze, sia con il sollevarsi di tre gradini dell’ultimo locale, quello su strada, la camera padronale.
Dall’interno, dal soggiorno o dalla loggia, una scenografia dell’indefinito o della dissoluzione, fatta di voluttà del laterizio e vibrazione delle doghe, elementi tangibili nello spazio della loggia che allontanandosene si dissolvono: la membrana si rigonfia e risvolta, e su questa convessità il sole radente gioca buona parte della sua escursione pomeridiana, mentre il ritmo delle doghe termina nel vuoto.
L’alloggio si apre alla città nella discrezione delle gelosie e nel silenzio delle membrane.
In facciata, un ritmo di forme sode e sorde il cui laterizio di rivestimento senza pretesa strutturale è messo in verticale, che pendono dichiarando il proprio esiguo spessore superando l’intradosso del piano libero, si alterna a quinte schermate di elementi aguzzi (le doghe verticali sono in legno e hanno sezione triangolare). Queste due corporeità si compenetrano nella porzione di edificio in aggetto su strada: il volume morbido si svuota ed irrigidisce addentando le gelosie entro le solette. Le gelosie però restano indipendenti; non seguono il raccordo di mediazione tra i due lati della testata ma proseguono le giaciture dei lati maggiori nel vuoto, lasciando un varco espressivo. Tutto questo sistema rimane sospeso su un piano svuotato, compresso, punteggiato di pilastri6, traforato dal vuoto obliquo dei patii, che costituisce una transizione tra la dimensione della strada e quella privata del ricetto degli appartamenti, a cui accede direttamente l’ascensore. Il casamento affonda poi nel terreno, riconosce l’isolato al piano terreno a negozi, vi offre anzi due piani, con i patii dell’interrato a vista a proiezione dei recessi soprastanti.
Uno sguardo sull’angolo dalla calle Ortega y Gasset riesce ad essere perpendicolare ai recessi obliqui e lascia intravvedere la gerarchia compositiva dell’edificio, che è simile a quella delle ville: il centro, la zona giorno, è arretrato e dal suo recesso in ombra domina lo spazio aperto davanti a sé. La zona notte si sgrana lungo il lato dello stesso spazio fino a sbalzare su strada, contenuta dalla membrana. L’uno è elemento ordinatore, immobile, sospeso, ritroso, più alto e coronato da una pesante fascia piena, l’altra è l’ala laterale, dinamica, ritmata e subordinata.
Il Girasol trova coerenza nel lungo percorso di elaborazione dell’alloggio perseguito da Coderch: con la casa Ferrer Vidal (1947), sulla costa di Maiorca, ha finalmente l’occasione di abbandonare la figura e il volume compatto per concatenare/disperdere liberamente gli spazi/volumi della casa tra gli alberi del bosco. Nella casa Ugalde (1951)7, nelle forme della collina i muri curvilinei in pietra scavano il sito che contiene la villa, legandosi ai volumi radiali e slegati dei locali di questa. Il Girasol funziona come la casa Ugalde, con le sue membrane rivestite in laterizio che dànno luogo al sito dell’appartamento e al suo paesaggio. La disposizione interna è però a valle del processo di raffinazione della pianta che culmina nella casa Uriach (1962), a cui la zona padronale del Girasol è simile, e ritrova la stanza, da notte o di soggiorno, come spazio e volume che nella sua irriducibile singolarità agisce come elemento base della composizione. Al cospetto del volume fermo della zona giorno, la fuga della zona notte diventerà consecuzione ritmica di volumi, da sgranare lungo una scogliera8 così come protendersi a sbalzo su una strada di Madrid, pur protetta da una membrana in mattoni. Che di fatto avrà la stessa funzione della scogliera, accompagnando lo sviluppo della casa.
La perfezione della planimetria volge poi a calligrafia negli esiti del banco Urquijo (1967) e de Las Cocheras (1968), laddove il centrifugo/centripeto dei singoli volumi delle stanze determina la massa chiaroscurata dell’edificio; senza più bisogno di altri elementi come le membrane è così il singolo volume, ripetuto indefinitamente in aggregazioni maggiori9, a cristallizzarsi in un paesaggio artificiale.
Note
1 Tutta la vicenda progettuale è riportata in López Peláez 2007, 171-187.
2 Fochs, 1998, 110.
3 Soria 1997, 84.
4 L’edificio venne chiamato Girasol, girasole, proprio per il suo orientarsi verso la luce su proposta dall’impresa costruttrice (López Peláez 2007, 177-179); Rafael Moneo non era convinto del risultato, almeno ai piani bassi, come scrisse in un articolo su Arquitectura nel 1967 (AAVV, 1978, 101.)
5 López Peláez, 2007, 173. Si può accostare il Girasol al l’Hotel del Mar (Palma de Maiorca, 1962), per l’obliquità delle cellule e per l’uso delle doghe verticali.
6 Struttura in metallo con passo generalmente di 4x5 metri. 7 Coderch stesso scrisse di aver trovato la propria strada in architettura proprio con la casa Ugalde, in una lettera citata In Diez, 2003, 15.
8 Si veda la casa Roses (1962).
9 Si veda, tra gli ultimi progetti, il Gran Kursaal a San Sebastian (1971).
Alessandro Isastia. Dottore di Ricerca in Architettura, Urbanistica, Conservazione dei luoghi dell'abitare e del paesaggio e docente incaricato di Architettura del paesaggio e delle infrastrutture presso il Politecnico di Milano.