Abstract
Luciano Semerani attraverso il Dottorato in Composizione architettonica allo IUAV di Venezia ha affrontato la composizione architettonica per mezzo di un’analisi della coerenza interna al processo di progettazione di una singola opera di un singolo autore allo scopo di verificarne l’autenticità del linguaggio. Partendo dall’impossibilità di risolvere il rapporto tra teorie dell’architettura e processo inventivo costruendo un «trattato universale», Semerani compie una ricerca volta ad un’analisi rigorosa di quei meccanismi e quelle intenzioni che stanno alla base del procedimento compositivo che caratterizza ogni opera architettonica, per impadronirsi di quelle tecniche legate ad uno specifico linguaggio attraverso l’analisi di poetiche individuali nella zona di confine con una ricerca fondativa e concettuale vera e propria.
«La composizione opera nell’in-attualità. L’inattualità è un imperativo categorico. Essa deriva dall’obbligo permanente di andare dentro, verso l’interno dell’architettura, non verso il futuro, non verso il suo passato»1
Nel 2002 Luciano Semerani diventa coordinatore del dottorato di ricerca in Composizione architettonica2 dello IUAV di Venezia, rimanendo in carica fino al 2011. In un momento storico in cui si fa fronte a una “perdita di autorità” della nozione di composizione architettonica Semerani, durante questi anni, ha promosso un tipo di lavoro fondato su un progetto culturale fortemente definito in grado di svilupparsi proprio all’interno della composizione, considerata una disciplina differente da quella che può essere la progettazione, la storia o l’urbanistica.
Ripartendo da Ernesto Nathan Rogers, del quale Semerani è stato uno degli allievi più diretti, ereditando, come scriverà Tafuri «la laica religio del fare con arte dal suo maestro»3, e proseguendo per quella tradizione di pensiero che viene da Enzo Paci, Antonio Banfi, Edmund Husserl, il termine composizione viene letto da Semerani come la risposta alle necessità di «ridurre o astrarre dai dati immediati dell’esperienza, l’essenza dell’esperienza»4, permettendo di trovare delle categorie analitiche in grado di definire l’immagine, la struttura, il “simbolo”5.
Lo studio della composizione dunque, che si basa sulla conoscenza degli elementi che entrano come parte al suo interno e concorrono a formare la composizione di un “fatto unitario”6 attraverso diversi procedimenti e facendo riferimento a concetti differenti.
La pianta, il tipo, il partito, le regole armoniche, il numero, le misure, le diverse tettoniche sono alcuni di questi elementi che richiedono però di essere codificati.
Per questo all’interno del dottorato Semerani compie uno studio “dell’arte architettonica” attraverso l’analisi della struttura delle opere, della loro struttura interna, per mezzo di procedure di scomposizione e ri-composizione delle combinazioni formali di questi elementi, ricomposizioni da lui stesso definite nocciolo di quella «teoria dell’architettura senza la quale, come ha sostenuto Bernard Hoesli, l’architettura non esiste»7.
«Siamo partiti dai processi formativi. Abbiamo assegnato al termine composizione il suo significato più proprio, di struttura interna, essenziale, profonda delle cose»8.
Ma per quanto questi elementi siano comuni a quelli dell’Accademia Neoclassica ed eclettica o a quelli delle Avanguardie, perché sempre di pianta, di tipo, di proporzioni ma anche di linea, punto e superficie si parla, sono i procedimenti della composizione che cambiano, per questo è il “fare architettonico” e l’obiettivo di questo fare ciò che viene indagato nel dottorato. Il fondamento umanistico dell’obiettivo che cambia le sue regole del gioco, perché la «qualità del testo deriva dalla sua coerenza interna»9.
Semerani stesso sosterrà come «la varietà degli orientamenti presenti nel panorama dell’architettura del XX secolo, che è prova della vitalità dell’arte contemporanea, richieda nel ricercatore una sintonia di interessi col processo di formazione dell’opera e nel contempo la capacità di condurre un’analisi scientifica basata sulla ricostruzione rigorosa dei meccanismi e delle intenzioni che sono alla base di ogni costruzione»10.
Ma non basta affermare che c’è l’intenzione di indagare alcune tecniche compositive, perché questa è comune ad università come la Cooper Union di New York. In realtà Semerani pretende di trovare la genesi della forma11 penetrando nella ragion d’essere dell’atto creativo, indagando l’efficacia che un linguaggio ha nel trasmettere una visione del mondo e la sua interpretazione, convinzione che sta dentro determinate esperienze.
Partendo da un’interpretazione iconologica dell’architettura, come faceva Erwin Panofsky12, e procedendo su piani distinti oltre i confini del mondo astratto, del numero, della geometria, della proporzione, entrando nei territori della sintassi e della retorica, Semerani, in questi anni di lavoro, ha allargato l’orizzonte dell’analisi compositiva estendendola alla necessità di cercare nella dimensione simbolica le immagini di un vissuto che è conscio ed inconscio allo stesso tempo, privilegiando l’abbandono della pratica progettuale, per sviluppare un’analisi della coerenza interna al processo di progettazione di una singola opera di un singolo autore al fine di verificarne un «valore assoluto», da lui stesso definito come l’autenticità del linguaggio.
Queste ricerche lo hanno portato a prendere in considerazione quegli architetti che più hanno rappresentato questo modo di agire, come avviene ad esempio nelle opere di Bogdan Bogdanovic, così ricche di riferimenti alla cultura surrealista, al mondo dell’archetipo e alla riscoperta dei popoli slavi e delle loro radici etniche, differenti da quelle provenienti dalle aree culturali neolatine ed europee. «I memoriali garantiscono l’accesso ad una dimensione “altra”, tracciano una soglia tra ciò che può essere memorabile (quindi rappresentabile) e indimenticabile. Sono la scelta organizzativa, il linguaggio adottato, il ritmo sapientemente sottolineato nei punti chiave (porta, soglia, conclusione finale) che conducono alla lettura del racconto architettonico senza predeterminarne gli esiti. La graduale immersione iniziale, l’avvolgimento-contenimento all’interno del recinto e l’ascesi finale ottenute con diversi sistemi compositivi, divengono quindi le operazioni-percezioni fondanti l’opera»13.
Bogdan Bogdanovic, Jože Plečnik, Gunnar Asplund, Hans Scharoun, Kostantin Melnikov, Paulo Mendes da Rocha, sono tutte figure di margine, estranee al centro, al nocciolo dell’architettura, nelle quali è possibile però trovare le ragioni del «processo compositivo, di quella processualità, che puoi chiamare “divenire” o “vita” per cui da una forma ne nasce un’altra e dalla quale come diceva Wright, una forma ne prelude un’altra, ma anche la contraddice, la cancella oppure la incontra»14.
Per questo motivo le intenzioni di Plečnik o Bogdanovic non sono molto lontane da quelle del nordico Lewerenz o del greco Pikionis, dacché hanno tutti «indagato nella dissonanza le proprietà simboliche di una figuratività archetipica»15, oppure John Soane, Saverio Muratori, Gunnar Asplund, architetti che hanno realizzato opere architettoniche profondamente diverse ma accumunati da un «pensiero che ha sempre la città come dimensione più ampia di riflessione»16.
La stessa Lina Bo Bardi ad esempio, una rivoluzionaria, non tanto per la sua posizione politica, ma perché le lezioni più illuminanti della filosofia, dell’antropologia culturale, della sociologia sono tutte ritrovabili nella sua opera in cui è presente la necessità di «comprendere dentro il progetto del mondo le emozioni, le passioni, i sogni, e, alla fine, l’inconscio»17.
L’approccio avviene quindi attraverso il manufatto architettonico con il fine di ricostruire i procedimenti progettuali, la “meccanica del processo”, le tecniche di costruzione dell’oggetto architettonico e di trovare in profondità quella correlazione tra le scelte degli strumenti (le intenzioni) e gli effetti, quello che Semerani chiama «intenzionalità comunicativa e risultati», un’intenzionalità che solitamente è sempre stata esclusa in qualche modo dalle indagini puramente analitiche, che hanno privilegiato l’analisi delle forme e delle combinazioni formali mostrando un rapporto tra la struttura interna delle opere e la loro geometria.
Sarà questo il punto di svolta, perché il senso di questa analisi diventa quindi il comprendere, opera per opera, contesto per contesto, autore per autore, quali sono stati i mezzi scelti per giungere al risultato, i modi espressivi e le motivazioni poetiche soggettive o i rapporti tra le architetture e le pratiche sociali che stanno all’origine delle opere, indagine strutturalista, forse si, ma orientata a riconoscere non solo «la grammatica ma anche la sintassi delle forme compositive», della loro anatomia, in grado di esprimere meglio, “caso per caso”, un valore comunicativo «di una intenzione che c’è a monte».
«Quello che ho capito da questa esperienza del dottorato è che effettivamente si poteva andare in profondità dentro gli oggetti in modo quasi illimitato, e naturalmente da questa analisi della struttura dell’oggetto poi trovavi anche le ragioni di questo tipo di struttura. Bogdanovic lavora la terra piuttosto che alzarla o alza delle pietre, corrispondendo a un’idea che ha del modo di far incontrare la gente, o come oggi in quel momento lui può in quelle condizioni politiche e sociali fare incontrare la gente. Però quella cosa poi ti porta a capire tutte le relazioni che ha stabilito attraverso le sue letture e come ha costruito il suo modo di pensare. […]L’architettura è spiegabile a partire dal suo interno, lui non fa questa architettura perché era comunista, ma dalla sua architettura capisci che era comunista»18.
Da un punto di vista metodologico Semerani, invece che creare una serie di generalizzazioni a partire da un approccio più astratto e più teorico, giunge ad una sorta di generalizzazione della risoluzione di problemi a partire da un problema specifico di un oggetto architettonico rapportato ad un preciso contesto. Questo tipo di ricerche e di studi costituiscono dei tentativi non inessenziali di razionalizzare gli strumenti, le procedure, le idee che, «forse più che dar luogo a delle tecniche ci mettono nella condizione di comprendere la logica di quella che potremmo chiamare una poetica»19, dilatando l’esperienza dell’architetto e mantenendo sempre al centro dell’attenzione il tema della forma e dello spazio cogliendo però la natura e il significato più profondo che l’architettura racchiude. Per questo il processo compositivo viene indagato attraverso il recupero di quelle leggi e di quelle regole che non sono quelle dell’Alberti, del Palladio o del settecento «garanzie della qualità dell’architettura, garanzie della bellezza o anche risposta ai fondamenti della disciplina»20, ma studiato attraverso quelle figure dell’architettura, estranee al suo centro, al suo nucleo21.
Note
1 Semerani, L. (2010). Introduzione a Colin Rowe e all’architettura come testo, in a cura di Marzo, M., L’architettura come testo e la figura di Colin Rowe. Venezia: Marsilio.
2 «Il dottorato di ricerca è una istituzione post lauream dell’università italiana che ha preso avvio nell’anno accademico 1983-84. Il primo dottorato in Composizione architettonica, formatosi grazie al consorzio di tre facoltà di Architettura (Milano, Napoli, Venezia), ha trovato sede presso l’Istituto Universitario di architettura di Venezia, con il coordinamento di Francesco Tentori». Montuori, M. (1988). 10 maestri dell’architettura italiana. Lezioni di progettazione. Milano: Electa.
3 Tafuri, M. (1983). Epistula ad Lucianum architectum in a cura di Rosa, C., Semerani+Tamaro. La città e i progetti. Roma: Edizioni Kappa, 5-7.
4 Semerani, L. (2013). La composizione e la cultura del XX secolo, in Semerani, L., Incontri e Lezioni. Attrazione e contrasto tra le forme. Napoli: Clean Edizioni, 171.
5 Cfr Semerani, L. (2007). L’esperienza del simbolo. Lezioni di Teoria e Tecnica della Progettazione Architettonica. Napoli: Clean Edizioni.
6 Rogers parlando degli elementi del fenomeno architettonico sosteneva che la parola elemento possiede due significati: «elemento vuol dire ciò che entra, come parte, nella composizione di un fatto unitario e concorre a formarlo; ma elemento vuol dire anche principio, fondamento della teoria di una determinata disciplina». Rogers, E.N. (a cura di de Seta, C.), (2006). Gli elementi del fenomeno architettonico. Milano: Christian Marinotti Edizioni.
7 Semerani, L., Gallo, A., De Michelis, G. (2011). Tecniche di analisi e di composizione. Padova: Il Poligrafo.
8 Semerani, L. (2012). Il Circolo di Malevic. La scuola UNOVIS, 1919-1922. Il dipartimento di Ricerca Formale e Teorica del Museo di Cultura Artistica di San Pietroburgo, 1923-1926, in AA. VV. a cura di Gallo, A., The clinic of dissection of art. Venezia: Marsilio, 13.
9 Ibidem.
10 Semerani, L., Gallo, A., De Michelis, G. (2011). Tecniche di analisi e di composizione. Padova: Il Poligrafo.
11 Cfr. Semerani, L. (2013). Un’idea sulla genesi della forma, in Semerani, L., Incontri e Lezioni. Attrazione e contrasto tra le forme. Napoli: Clean, 100-109.
12 Panofsky, E. (1939). Study of Iconology. New York.
13 Re Dionigi, E. (2011). Bogdan Bogdanovic, Necropoli simbolica di Slobodište a Kruševac parco memoriale di Sremska Mitrovica, in Semerani, L., Gallo, A., De Michelis, G., Tecniche di analisi e di composizione. Padova: Il Poligrafo.
14 Dalla trascrizione di una conversazione con Luciano Semerani avvenuta il 25 ottobre 2013 Venezia.
15 Semerani, L. (2013). La composizione e la cultura del XX secolo, in Semerani, L., Incontri e Lezioni. Attrazione e contrasto tra le forme. Napoli: Clean Edizioni, 173.
16 Mantese, E. (2008), Il valore urbano dell’architettura, in a cura di Mantese, E., Carattere Narrazione Variazione. Studi sul valore urbano dell’architettura. Venezia: Marsilio Editori, 9-41.
17 Semerani, L. (2004). L’origine archetipica della modernità, in a cura di Gallo A., Lina Bo Bardi architetto. Venezia: Marsilio Editori, 54-71.
18 Dalla trascrizione di una conversazione con Luciano Semerani avvenuta il 19 febbraio 2013 Venezia.
19 Dalla trascrizione di una lezione di Luciano Semerani e Antonella Gallo tenuta al corso di “Teorie e tecniche della progettazione architettonica”, Politecnico di Milano, Scuola di Architettura Civile, tenuto dai Professori Enrico Bordogna e Daniele Vitale, AA 2011/2012.
20 Dalla trascrizione di una conversazione con Luciano Semerani avvenuta 25 ottobre 2013, Venezia.
21 Ibidem.
Tommaso Brighenti (Parma, 1985) architetto, è docente a contratto presso il Politecnico di Milano. Nel 2015 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Composizione architettonica al Politecnico di Milano, con la tesi dal titolo: L’insegnamento della composizione architettonica. Ha partecipato a concorsi e ricerche progettuali nazionali ed internazionali, collaborando con alcuni studi e Università italiane tra cui il Politecnico di Torino e l’Università di Parma.