Abstract
Il XIX secolo fu un’epoca convulsa per quanto riguarda l’evoluzione del pensiero architettonico. In quanto apice del pensiero illuminista del secolo precedente, tale epoca si manifestò nelle forme dell’architettura storica e allo stesso tempo divenne l’immagine della modernità, stabilendo le basi di quel razionalismo, che avrebbe costruito, ai margini della storia, la sua idea di forma. Tre dei maggiori protagonisti di questo sviluppo, sia per quanto riguarda il loro lavoro di architetti, che come insegnanti, furono Jean-Nicolas-Louis Durand, Julien Guadet e Otto Wagner.
Agli inizi del XIX secolo, sotto l’influenza delle idee rivoluzionarie caratteristiche dell’Illuminismo, Durand definì un sistema compositivo che, come metodo di progetto, era destinato a perdurare nell’arco di tutto il secolo fino ai primi decenni del ‘900. Nel corso del XX secolo ad esso si affiancarono altre sensibilità, alla ricerca di nuovi canali espressivi. (1)
Il metodo della composizione come supporto geometrico all’azione del progetto e l’utilitas come fine ultimo dell’architettura furono considerate questioni irrinunciabili e sono presenti ancor oggi nell’attività progettuale. Il linguaggio formale, invece, costruito con gli elementi storici del passato come garanzia per una giusta espressione dell’architettura cedette all’inesorabile passo del tempo.
Di fronte alla modernità ottocentesca, erede diretta di quel classicismo che tentava di superare, le avanguardie del XX secolo, orfane della storia, si impegnarono a trovare un canale espressivo che gli appartenesse, un nuovo linguaggio che si liberasse dai debiti del passato. Questo processo di trasformazione verrà definito dal lavoro di tre professori-architetti: Durand, Guadet e Wagner.
J.-N.-L. Durand (1760-1834)
Dopo la rivoluzione, la scarsa attività edilizia dell’epoca portò Durand ad un isolamento autoimposto e, approfittando del suo ruolo di professore all’École Polytechnique di Parigi, si concentrò sullo studio teorico dell’architettura. Durand riuscì ad elaborare un manuale che permetteva all’alunno di conoscere gli elementi architettonici, le leggi per la loro combinazione, cosí come i meccanismi della loro composizione. (fig. 1)
L’impegno pedagogico di Durand si produsse in quell’ambiente sociopolitico che portò alla formazione delle Écoles Spéciales, un modello da imitare in quanto a organizzazione della ricerca e dell’insegnamento tecnico-scientifico. Durand sfidó il sistema tradizionale dell’insegnamento dell’architettura con il quale si era formato lui stesso. L’architettura, a suo parere, esige uno studio specializzato e richiede un metodo scientifico utile ad organizzare la materia, dagli elementi più semplici a quelli più complessi. (2)
Nel Recueil et parallèle des édifices de tout genre, opera prima pubblicata da Durand, siamo di fronte ad un trattato divulgativo generico, che seguiva la tradizione di opere come Les ruines (3) de J.-D Leroy, che contribuirono al consolidamento di un ambiente intellettuale ricettivo alla conoscenza di altre architetture.
Précis des leçons d’architecture données à l’École royale polytechnique è stata l’opera chiave nella produzione teorica di Durand. Se il Parallèle aveva come proposito l’essere uno strumento destinato alla ricerca, il Précis fu, fin dalla sua origine, un testo eminentemente didattico, destinato a sostituire il sistema pedagogico dell’Accademia. Fu introdotto come libro di testo a l’École Polytechnique, istruendo le diverse generazioni di architetti del XIX secolo ed anche molti architetti formatisi agli inizi del XX (4). La traduzione e pubblicazione in altri Paesi, come l’Italia o la Germania, agevolarono la sua diffusione e la sua influenza giunse così ad architetti come Leo von Klenze o Karl Friedrich Schinkel.
Durand desiderava la formulazione di un metodo che, superando la comprensione specifica del particolare, raggiungesse la complessità delle leggi generali della disciplina. Questo metodo era già stato sviluppato nel mondo del pensiero. E fu così che questo modello di analisi, che si era trasformato nella base di qualsiasi scienza possibile, era, agli occhi di Durand, valido per l’architettura, essendo per lui questa non solo un’arte, ma anche una scienza (5). Nell’entusiasmo di sviluppare un metodo scientifico, Durand scompose il corpo complesso dell’architettura nei suoi elementi e unità di base riconoscibili.
Con Ledoux, si abbandona la composizione unitaria proclamata dal barocco e le parti che danno forma al tutto mostrano la loro autonomia (6). Le forme che ora modellano l’architettura prescindono da tutto ciò che non soddisfa un fine necessario, un’utilità pratica. In questo modo, gli ordini architettonici vengono ridotti allo status ornamentale, perdurano soltanto negli elementi decorativi del linguaggio architettonico, preludio della retorica storicista che sarà poi la caratteristica dell’architettura dell’ultima metà del secolo.
Abbandonata l’astrazione geometrica ereditata da Ledoux, “l’architettura [svanisce come] un’arte della permanenza” (7), e “l’autorità delle forme geometriche, semplici ed eterne” (8) si muta in un temperamento eclettico capace di disporre le differenti forme della storia su un piano di uguaglianza assolutamente inedito. In questo contesto, tra la modernità di un’industria che forniva all’edilizia nuovi materiali ed un linguaggio architettonico incapace di abbandonare le forme del passato, si approfondisce l’attività architettonica e didattica di Julien Guadet. Come indica Schorske, “(...) nell'Europa del XIX secolo, la storia diventò una forma privilegiata di costruzione di significati” (9) e l'architettura manifestò questo legame con tutta la potenza che il suo arsenale formale aveva messo a disposizione nel tempo.
Julien Guadet (1834 - 1908)
All’epoca in cui Guadet svolge il suo lavoro didattico e teorico, il secolo ha ormai concesso al linguaggio architettonico la disinvoltura di chi accetta la totalità della storia ricevuta in eredità. Questo secolo, storicista per antonomasia, rese possibile lo sviluppo di uno spirito eclettico che caratterizzò tutta la produzione architettonica.
Secondo Guadet non è possibile descrivere l’architettura senza parlare della sua evoluzione storica. Ciò nonostante, nella suo rapporto con la storia è evidente la presenza di quello spirito eclettico che mette sullo stesso piano il mondo greco, romano e medievale. (10)
In sostanza, l’opera di Guadet non suppone tanto una modifica o un punto di vista innovativo nell’insegnamento praticato precedentemente, ma piuttosto, una sua attualizzazione. Nella sua opera è evidente il corso di un modello pedagogico che, iniziato con il secolo, morirà con lui.
Guadet, prima di essere professore di teoria, ha diretto per 20 anni un seminario della École des Beaux Arts e riconosceva l’importanza capitale degli Elementi dell'Architettura e degli Elementi della Composizione, pietre miliari dei “principi generali e permanenti dell’arte” (11). Per il professore la composizione è la manifestazione più intima dell’architetto nella sua espressione di artista e non costituisce parte del meccanismo scientifico dell’insegnamento, ma si può solo praticare. Quello che realmente permetteva di comporre un edificio “ad arte” era la pratica individuale nel seminario. Gli elementi dell’architettura o gli elementi della composizione si possono insegnare, mentre la composizione no, trattatandosi di una questione relazionata con la capacitá individuale dell’architetto come artista.
Gli elementi della composizione cambiano, sono una materia viva che si può aggiornare in base alle necessità generate dalla societá. Dalla sua evoluzione si ottengono altri elementi compositivi che permettono una rigenerazione della materia dell’architettura. L’alunno dovrebbe considerare gli elementi della composizione dalla prospettiva storica, che la loro conoscenza dispiega, riconoscendo implicitamente che, in architettura, la forma non è gratuita, ma che ha un significato ed è conseguenza dell’uso a cui é destinato un edificio. Di qui l’importanza di conoscere gli esempi concreti che il passato ci offre.
Lo spirito disciplinare su cui si fonda l’essenza stessa del metodo della composizione ebbe maggior fortuna e durò più a lungo di un linguaggio espressivo deciso a rappresentare, utilizzando il linguaggio della storia, un’epoca sedotta dal progresso tecnico dell’industria.
Guadet rappresentò questi principi emergenti, sperimentati da Labrouste nelle sue biblioteche Sainte Geneviève e Nazionale (fig. 4), al fine di incorporare nell’architettura i progressi della tecnica. Il suo progetto per l’Hôtel des Postes a Parigi rappresenta questa transizione che si sforza di aggiungere una nuova voce al coro dell’architettura storicista. Una voce obbligata a mostrare quest’architettura come un’“arte industriale” rinchiusa all’interno dell’edificio. Verso l’esterno, il pudore di un arte nuda veniva coperto con il linguaggio della storia.
Nella gerarchia che ordina gli elementi della composizione, i principali corrispondono a tipi la cui forma era garantita dalla tradizione. Gli elementi serventi, invece, costituivano un universo formale sottomesso all’ingegno dell’architetto. Universo nel quale inventare significava esplorare tutte le varianti compositive durandiane. Questo processo cambierà con l’architettura moderna, per la quale lo spazio rompe l’ermetismo delle forme geometriche per trasformarsi in un continuum, nel fluire incessante del movimento.
Ciò nonostante, prima di giungere a questo punto della modernità, dove si ruppero le catene che univano la cultura europea alla storia, era importante realizzare un’ultima battaglia con il mondo dell’arte. Se il destino irrevocabile doveva essere la costruzione di una modernità orfana della storia, era necessaria, come celebrazione finale, l’organizzazione delle sue esequie. Otto Wagner fu uno dei personaggi chiave per sancire tale atto di morte, per cui il cambio di prospettiva corrispondeva con il passaggio ad un nuovo secolo.
Otto Wagner (1841 - 1918)
La sua opera ben rappresenta il processo evolutivo dell’architettura del XIX secolo, partendo da un’arte basata sui modelli del passato e giungendo al trionfo della tecnica come manifestazione artistica. La sua figura segna la fine di un secolo e la conclusione del rapporto con la storia che verrà definitivamente sancita dall’Architettura Moderna nel corso del XX secolo.
Durante gli anni della formazione di Wagner, l’architettura viennese continuava la sua stretta relazione con la tradizione, identificata con quel barocco che gli dette splendore. La costruzione della Ringstrasse rappresentò il momento in cui l’architettura comprendeva in sé tutti gli stili della storia. Il debutto professionale di Wagner seguì questa tradizione storicista.
Nel 1894, dopo la morte di Hassenauer, Wagner venne proposto come professore di ruolo alla Scuola speciale di architettura di Vienna. Il suo acceso discorso inaugurale affascinò una popolazione scolastica stanca di uno storicismo banale. La sua attività di docente li stimolò nella ricerca della Moderne Architektur e giovani come Olbrich, Hoffmann, o Plecnik si formarono a ridosso di un pensiero che ambiva a trovare i segni identitari di una nuova architettura. Tutti loro collaborarono con Wagner e costituirono con la cosidetta Wagnerschule un nucleo di promettenti architetti che mossero, sotto la sua autorità, i primi passi verso la modernità.
Fino ad allora, il passato operava nella mente dell’architetto, non solo come riferimento formale che permetteva la costruzione di un linguaggio, ma anche come repertorio di modelli ai quali riferirsi, anche letteralmente.
A partire dagli anni ‘90, Wagner mostra una decisa volontà di utilizzare i materiali e le nuove tecnologie della costruzione come forma di espressione, incorporandoli nel linguaggio architettonico. Non vi è dubbio che “il nuovo stile”, risultato della “transizione (convergenza) della forma tettonica nella forma figurativa” (12) ottiene una vittoria eroica, imponendosi sull’inerzia e sui preconcetti della tradizione dell’Ottocento. La composizione come strumento scientifico del progetto, come prodotto della ragione che cerca l’utilità, offre un sostegno al progetto, rendendolo impermeabile al viavai delle tendenze. Wagner riconosce questo valore del sistema compositivo durandiano e, nella sua ricerca dello stile che rappresenti la modernità dei nuovi tempi, non ci rinuncia. Il suo sforzo si dirigerà verso la sostituzione delle insegne di uno storicismo estenuato, che non esprime più i sentimenti dell’epoca, con uno stile che mostri l’adeguatezza dell’edificio nel contesto della città moderna. Una città dominata dalla linea retta ed occupata da persone e veicoli sempre in movimento.
Wagner continuò ad incorporare nella sua architettura tutto il bagaglio espressivo che gli elementi tettonici dell’architettura gli offrivano. Il perseguire il realismo come ideale artistico si materializzò in un’architettura che finalmente era riuscita a trasformare la costruzione in espressione artistica (fig. 6). Le superfici piane dei muri si mostravano libere da qualsiasi ornamento inutile e rimanevano solo le aperture nel muro come elemento base e quasi unico del linguaggio architettonico.
Nell’opera di Otto Wagner ritroviamo la tradizione architettonica del diciannovesimo secolo sebbene, contemporaneamente, annunci l’arrivo imminente dell’Architettura Moderna che, nonostante la sua dichiarata rinuncia alla storia, non poté evitare di mantenere una relazione di continuità con la tradizione.
Il corpus teorico che ha strutturato l’insegnamento dell’architettura nel diciannovesimo secolo rimase vivo negli esempi dell’epoca moderna. Grazie a questa continuità, i modelli accademici tradizionali perdurarono nella architettura contemporanea anche se in una forma sempre rinnovata. (figg. 7-9)
Note
1. L’esaurimento del linguaggio storicista con il quale si era sviluppato il metodo di composizione durandiano favorì l’avvento di nuovi modi di progettare, meno scientifici ma in cambio più intuitivi. Nell’opera di F. Ll. Wright possiamo trovare il collegamento tra il pittoricismo del XIX secolo e l’organicismo del XX.
2. “D’accordo con ciò che ci indica la ragione, con i metodi in uso nelle scuole scientifiche e di arte, dove si insegna agli alunni a procedere dal semplice al complesso, dal conosciuto allo sconosciuto, in modo tale che una idea apre la strada alla successiva che ricorda infallibilmente la precedente, ci atterremo sempre di piú a questo piano di studio”. Durand, J.N.L. (1981). Compendio de lecciones de arquitectura. Madrid: ed. PRONAOS. p. 20.
3. Leroy, J. D. (1758). Les ruines des plus beaux monuments de la Gréce, considérées du côté de l’histoire et du côté de l’architecture. Paris.
4. È sufficiente ricordare alcuni dei progetti di Le Corbusier o l’opera di L. Kahn.
5. “l’architettura è allo stesso tempo una scienza ed un’arte: come scienza richiede conoscenza, come arte esige talento”. Durand, J.N.L. (1981), op. cit., Second volumen, Discurso preliminar, p. 109.
6. Kaufmann, E. (1982). De Ledoux a Le Corbusier. Origen y desarrollo de la arquitectura autónoma. Barcelona: Gustavo Gili. p 73 y 74.
7. Starobinski, J. (1988). 1789, los emblemas de la razón, Madrid: Taurus. p. 45.
8. Starobinski, J., op.cit.l. p.45.
9. Schorske Carl E. (2001). Pensar con la historia. Madrid: Taurus. p.18.
10. Guadet, J. (1909). Éléments et Théorie de l’architecture, Tome I, Préface. París: Librairie de la construction moderne. p. 10.
11. Guadet, J. (1909). Éléments et Théorie de l’architecture, Tome I, Livre II, Principes Généraux. París: Librairie de la construction moderne. p. 87.
12. Wagner, O. (1993). La arquitectura de nuestro tiempo. Madrid: El Croquis editorial. p. 68.
Bibliografia
Durand, J-.N-.L.. Compendio de lecciones de arquitectura. Madrid: Ediciones Pronaos, 1981.
Guadet, Julien. Éléments et Théorie de l’architecture, Tome I-IV. 3º ed. Paris: Librairie de la construction moderne, 1909.
Kaufmann, Emil. De Ledoux a Le Corbusier: Origen y desarrollo de la arquitectura autónoma. Barcelona: ed. G.G., 1982.
Schorske, Carl E.. Pensar con la historia. Madrid: ed. Taurus, 2001.
Starobinski, Jean. 1789, los emblemas de la razón. Madrid: ed. Taurus, 1988.
Wagner, Otto. La arquitectura de nuestro tiempo. Madrid: El Croquis editorial, 1993.
Andrés Caballero Lobera si laurea in architettura nel 1987 nella E.T.S. de Arquitectura de San Sebastián (ETSASS); Università del Paese Basco (UPV/EHU). Dal 1989 ha un contratto come professore Associato nella ETSASS. Dal 1994 appartiene all’Area di Progettazione del Dipartimento de Architettura della stessa Università. Fino all’A.A. 2013/2014 insegna nel corso di Progettazione IV (5º anno). Attualmente è docente nei corsi di Progettazione I e II nel centro citato. A febbraio del 2016 ha discusso il proprio progetto di Dottorato di ricerca dal titolo “Victor Eusa - architetto: Pamplona 1894-1990”, alla ETSASS. Il progetto é stato diretto da Manuel Iñiguez Villanueva (Cattedratico in Progettazione Architettonica) ed ha ottenuto il cum laude.