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Arianna Magni
Foto aerea, la ripartizione in “settori urbani” del territorio di Senigallia
Abstract
Una cittadina sul mare, un tirante infrastrutturale da ripensare e riqualificare, una trasversalità disciplinare tra l’architettura e l’urbanistica, il tutto collocato nello scenario amministrativo: è questo il contesto in cui si cala oggi la città di Senigallia. Attraverso una sperimentazione puntuale s’indaga sulle possibilità, da parte dell’amministrazione locale, di riqualificare la città che esiste, attraverso l’uso del dispositivo urbanistico e del progetto di architettura.
Articolo
Il progetto urbano è da sempre legato a metodiche conoscitive che indagano nelle trame della città e ne interpretano la sua morfologia. La città, in quanto città- storica, ha bisogno di essere riconosciuta necessariamente attraverso una serie di codici ben precisi di cui il progetto urbano si avvale. L’ambizione però, di operare trasformazioni sulla città contemporanea verso una condizione di città “futura” pone la disciplina del progetto di fronte a strumenti metodologici insufficienti. Questa loro insufficienza non nega l’importanza e la centralità del progetto urbano, che comunque rimane cuore pulsante nel processo di riprogettazione della città, ma afferma l’esigenza di intraprendere nuove discipline conoscitive e strumenti descrittivi, regole e norme che diano vita a procedimenti trasmissibili più pertinenti ad una ricognizione incentrata sui fattori che regolano, nello scenario attuale, la natura delle smart-city.
Alla luce di questa premessa risulta molto interessante e attinente la via intrapresa dall’amministrazione della città adriatica di Senigallia nel condurre la propria città verso questa nuova condizione di città intelligente, centrando l’obiettivo prefisso d’intervenire sullo sviluppo urbano attraverso l’utilizzo di nuovi e più efficienti criteri. L’amministrazione persegue lo scopo facendo forza sugli strumenti urbanistici innovativi e sulle indicazioni contenute all’interno della Legge Regionale 22/2011 “Norme in materia di riqualificazione urbana sostenibile e assetto idrogeologico” proposta dalla Regione Marche.
Data la sua connotazione di città turistica, a seguito degli alti volumi di traffico, specialmente durante la stagione estiva, che hanno reso l’A14 spesso inadeguata e soggetta a frequenti fenomeni di rallentamento e accodamento nelle percorrenze, l’amministrazione decide di avviare un potenziamento del corridoio viabilistico dell’autostrada con la conseguente realizzazione della nuova bretella di adduzione allo svincolo di Senigallia. La complanare viene proposta alla città come soluzione al problema del traffico locale lungo la statale adriatica 16, linea di attraversamento nord-sud e centro-periferia, riqualificando quest’ultima in un sistema urbano che tenta di connettere differenti centralità e ridare continuità agli spazi cittadini.
Il tratto di statale sentirà forte il “peso” di questo potenziamento infrastrutturale e vedrà reinserirsi nel panorama della città come una strada a scorrimento urbana.
L’effetto che andrà ad investire la statale adriatica in merito al suo declassamento causato dall’innesto della complanare sud, diviene oggi la viva materia d’interesse, ma al tempo stesso di preoccupazione, del comune di Senigallia. Se da un lato la statale come asse funzionale di distribuzione vede ridurre il proprio traffico di percorrenza, dall’altro, come “oggetto di architettura”, instaura nuove relazioni con gli spazi attivi ad essa connessa.
La strada non è più percepita e pensata solamente come “nastro” asfaltato che permette il transito di persone e veicoli, collegando una località con un'altra, ma deve essere ripensata a tutti gli effetti come una parte di città da inserire all’interno di un quadro di trasformazione urbana.
L’amministrazione, consapevole di questo duale cambiamento, vede nel PORU (Programma Operativo per la riqualificazione urbana) lo strumento urbanistico adatto per programmare le varie attività di riqualificazione del tratto di SS16.
Il PORU è finalizzato a migliorare la qualità della città e del paesaggio, limitando l'ulteriore occupazione di suolo, nonché incrementare le prestazioni ecologico-ambientali ed energetiche degli insediamenti, trovandosi così a sostenere parte dei comuni obiettivi che oggi , sempre più frequentemente, si ritrovano nel processo di trasformazione di una “city” in una “smart-city”. Mira, inoltre, ad intervenire sulla città rispondendo a criteri e regole di riqualificazione, nell’ottica di un processo semplificato, approvato attraverso procedure rapide che consentono di sveltire i tortuosi iter, ancora oggi inevitabili, innescati dal progetto di trasformazione territoriale. Proprio in questi caratteri risiede la sua innovazione e la sua forte potenzialità.
La regia del PORU è pubblica: il comune fa partire l’operazione con una delibera di indirizzo che è programmatica e offre alla città una proposta di riqualificazione. E i privati? Le proposte di quest’ultimi arrivano in base alla delibera e questi dovranno presentare progetti fattibili e solvibili, convergenti verso obiettivi di bene comune, dando cosi avvio alle “manifestazioni d’interesse”. Il PORU rappresenta pertanto lo strumento elettivo per l’amministrazione di Senigallia.
Il quadro che si configura fa emergere, tuttavia, la necessità di aprire un tavolo di confronto con altri attori e altre discipline tra cui quella della progettazione architettonica e urbana.
Alla luce di questa intuizione, la mano pubblica sottopone il destino della statale alla ricerca progettuale stipulando un accordo quadro con il DICII (Dipartimento di Ingegneria Civile e Ingegneria Informatica) dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata e affida al dipartimento un incarico di ricerca finalizzato al tentativo di chiarire le modalità con cui il tratto stradale della SS16 cambierà.
La ricerca progettuale si formalizza, per il caso studio della città di Senigallia, con il gruppo di ricerca universitario ISity_InfraSenigalliacittà, acronimo derivante da un gioco linguistico originato da InfrastrutturaSenigallia/city → ISity.
La ricerca progettuale, che si incentra su un preciso quadro normativo, non propone per la città un progetto in quanto proposta chiusa, definita in tutti i suoi particolari, ma propone un progetto di forme e d’intenti che lascia il limite spaziale indefinito e una dimensione temporale indeterminata. A differenza di un progetto di architettura nel quale il momento della realizzazione si pone come “stato” non più negoziabile, il progetto urbano è un progetto aperto che accoglie l’uso come componente essenziale per l’attribuzione di significati alle sue proposte. Non è un progetto definito una volta per tutte, ma flessibile, tale da poter assorbire le modifiche che le consultazioni con i potenziali fruitori richiederanno e successivamente le trasformazioni di significato che i diversi usi gli imporranno. Deve arrivare fino ad un certo punto perché deve lasciare flessibilità decisionale e d’intervento al pubblico e al privato.
L’atteggiamento è quello di non rimanere mai incatenati alla soluzione con un progetto, ma piuttosto arrivare alla risoluzione finale del problema attraverso una codice comportamentale. Proprio per questo la ricerca indirizza l’amministrazione verso comportamenti progettuali pertinenti, privilegiando il procedimento piuttosto che la soluzione, con l’esito finale di fornire linee guida utili anche al progettista locale per intraprendere future azioni per la costituzione dello spazio urbano.
Se da un lato le tradizionali pratiche urbanistiche impongono una visione prevalentemente regolatrice, a volte troppo tecnica in quanto basata su regole ed indici, dall’altro la ricerca progettuale mostra un approccio molto differente; filtra le informazioni e le tecnocrazie normative dell’urbanista e al tempo stesso sembra assumere nuovi tratti distintivi e interpretativi della città. Indaga su nuovi livelli di spazialità e su una inedita relazione della costruzione con la città, con il paesaggio, con la natura, andando alla ricerca di nuovi e più efficaci equilibri attraverso continui cambiamenti di stato.
La ricerca ISity_InfraSenigalliacittà si allinea con questo modus operandi, dichiarando che il suo intento per rispondere all’istanza dell’amministrazione non è quello di formalizzare un progetto architettonico concluso, ma quello piuttosto di fornire all’amministrazione un ragionamento, una riflessione sul progetto, una tattica compositiva e non una composizione formale definitiva, utile poi all’amministrazione per la predisposizione del PORU.
Coglie le potenzialità misconosciute da reinventare per questo pezzo di città e cerca di mantenere una ragionevole distanza dalle pratiche tradizionali della pianificazione, che impongono una visione prevalentemente regolatrice, per affermare viceversa, una necessaria dimensione progettuale, da mettere poi a confutazione con il dispositivo urbanistico.
Le modalità di cambiamento della SS16 , questo «filo di perle», dove il “filo” è l’elemento lineare infrastrutturale, che connette fisicamente lo spazio urbano, creando nel contempo spazi interstiziali (Gausa, 2005), verranno quindi chiarite in uno scenario in cui entrano in gioco non soltanto strumenti estremamente concreti rappresentati dai dispositivi urbanistici, ma anche il progetto di architettura come procedimento trasmissibile.
È una trasformazione che innesca un processo di progettazione continua, non necessariamente deduttiva, pur rimanendo inserita all’interno di una strategia di attuazione dell’attuale programma di trasformazione e riqualificazione della città; la disciplina urbanistica entra in relazione con la disciplina architettonica e viceversa, innescando un processo dialettico che oggi si ritrova sempre più frequentemente all’interno dei naturali meccanismi di costruzione del progetto urbano.
Questo atteggiamento da parte dell’amministrazione di Senigallia di aprire subito lo sguardo su diversi aspetti e abbandonare , già nella fase iniziale del progetto urbano, la forte settorializzazione tra le figure coinvolte, è un primo forte segno, comune anche ad altre realtà locali, del proiettare la città verso un futuro di crescita “intelligente”.
Nel passaggio dalla “city” alla “smart-city” va proprio in un certo senso abbattuto culturalmente quel muro di cinta dipinto attorno alla città nell'allegoria del Buon Governo