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Vera Fusco / Francesca Gollo / Marco Salustri
Abstract
Dall’Ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà al Museo Laboratorio della Mente: memorie trattenute e celebrate in una ragnatela di immagini e storie di una comunità in continua trasformazione.
Testo
«Questo museo è un’istituzione aristocratica, erede dei gabinetti di curiosità dei prìncipi e dei tesori delle cattedrali e dei monasteri. La sua apertura al mondo risponde a un’ideologia di democratizzazione culturale secondo la quale i beni e i valori appartenenti alla cultura d’élite o da essa riconosciuti devono essere imposti (un’imposizione presentata in termini di “accessibilità”) a tutti, per fornire al popolo modelli e norme»
H. De Varine, 2002, pp. 147-148.
«Ecco, forse per delineare più chiaramente il cambiamento cui stiamo partecipando, si potrebbe sintetizzare dicendo che si sta passando dai musei di “collezione” ai musei di “narrazione”. Una narrazione aperta, molteplice e discontinua, come impongono i linguaggi e la cultura immateriale della nostra epoca»
Studio Azzurro, 2011, p. 6.
Rendere visibili gli invisibili è stato un imperativo categorico per Franco Basaglia, che, nelle Conferenze Brasiliane, scrive: «Giorno dopo giorno, anno dopo anno, passo dopo passo, disperatamente trovammo la maniera di portare chi stava dentro fuori e chi stava fuori dentro»[1]. Ed è intorno a questo principio di lotta all’esclusione e allo stigma che si è sviluppata la recente storia del Santa Maria della Pietà con la chiusura del manicomio di Roma e successivamente la nascita del Museo Laboratorio della Mente. Oggi il museo è diventato il simbolo più evidente della radicale trasformazione del Santa Maria della Pietà che ospita i servizi dell’ASL Roma 1. Dal 2015 per rafforzare l’impegno teso alla tutela e alla valorizzazione del proprio patrimonio culturale l’azienda sanitaria ha istituito la UOSD Polo Museale Santo Spirito e Museo Laboratorio della Mente, che unisce il Complesso monumentale di Santo Spirito in Saxia al Museo, all’Archivio Storico e alla Biblioteca Scientifica Alberto Cencelli afferenti al patrimonio dell’ex manicomio.
L’allestimento del Museo Laboratorio della Mente ha il duplice obiettivo di documentare la storia dell’istituzione manicomiale e di avviare una riflessione sul tema della diversità e dell’esclusione sociale, esemplificata da coloro che soffrono, o che in passato hanno sofferto di una condizione di disagio mentale. Il Museo si presenta come un museo di narrazione[2], la forma odierna è espressione del gruppo di videoartisti Studio Azzurro che ne hanno curato l’allestimento elaborando un percorso che si compone di beni materiali e immateriali. Grazie all’uso attento delle tecnologie, che impostano il percorso museale, è possibile per il visitatore condurre un’esperienza complessa e coinvolgente intorno a queste tematiche. Le collezioni del museo sono piuttosto eterogenee e danno conto della storia e delle trasformazioni del Santa Maria della Pietà, accanto alle testimonianze del passato manicomiale, come la strumentazione medico-sanitaria e di ricerca scientifica, troviamo più recenti produzioni artistiche come quelle d’arte irregolare e le opere realizzate da Studio Azzurro. Il percorso museale si compone di tappe che si articolano intorno ad un muro che attraversa l’intero allestimento e divide gli ambienti segnando un limite simbolico tra l'esterno e l'interno del manicomio come tra l'inclusione e l'esclusione sociale. In questo procedere dal fuori al dentro e poi dal dentro al fuori, di volta in volta, si ha la possibilità di riflettere sull'estensione normalità/diversità, di esplorare l’istituzione manicomiale attraverso le posture che l’ammassamento e la progressiva spersonalizzazione inducevano nel corpo del paziente per poi confrontarsi con alcune storie paradigmatiche dell’internamento. Infine si recuperano le memorie dei luoghi e degli oggetti attraverso una narrazione che combina alle testimonianze materiali dell'istituzione totale elementi virtuali come le interviste ai testimoni della storia del Santa Maria della Pietà.
All'approvazione della legge 180 del 1978, ripresa e inglobata lo stesso anno nella legge 833 che istituisce il Sistema Sanitario Nazionale e le Unità Sanitarie Locali, nell'ospedale di Santa Maria della Pietà erano presenti 1076 ricoverati. A partire dagli anni '90 il processo di superamento del manicomio assume una rapida evoluzione giungendo nel 1999 alla sua definitiva chiusura con l'uscita degli ultimi 200 pazienti che verranno inseriti in strutture residenziali esterne. Nel corso di questi anni segnati da profondi cambiamenti l’intero complesso è inoltre interessato da un passaggio dell’asse proprietario dalla Provincia di Roma alla Regione Lazio e alla USL RM/12 (che diverrà più tardi ASL Roma E, attualmente ASL Roma 1). Mentre ancora si lavorava per portare a compimento la chiusura del manicomio, nel 1991, la USL RM/12 compie un passo fondamentale istituendo l’unità operativa semplice Centro Studi e Ricerche; l’intento è quello di tutelare e valorizzare il patrimonio storico e scientifico dell’ex Ospedale psichiatrico. In una prima fase, con il supporto finanziario e tecnico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Soprintendenza Archivistica per il Lazio e dell’Assessorato alla Cultura della Regione Lazio, si intraprende un’attività di tutela che si rivolge a quei beni più facilmente riconoscibili come testimonianze storiche, vengono dunque privilegiate le strutture architettoniche, i fondi librari e archivistici. Ben presto però ci si rende conto che il complesso dei beni da salvaguardare è molto più ampio, e in secondo luogo, che per comunicare la storia e l’esperienza del manicomio sarebbe stata necessaria un’interpretazione e un’organizzazione differente di quello stesso patrimonio. Nel 1994 la USL destina il padiglione VI alla realizzazione di uno spazio museale sulla storia dell’assistenza psichiatrica. Il padiglione diventa in quei mesi una sorta di deposito dove conservare oggetti e materiali recuperati all’interno del complesso manicomiale. Occorre qui precisare l’importanza di questa azione conservativa visto che molto spesso alla chiusura dei padiglioni seguiva l’abbandono delle strutture e la spoliazione degli arredi e delle suppellettili. Per comprendere quanto fosse grave e sistematica la dispersione di questo patrimonio si devono tenere presenti due fattori determinanti: la legge 180 prevedeva l’impossibilità di riutilizzare gli spazi degli ex manicomi per ospitare nuove strutture psichiatriche, dunque nella maggior parte dei casi in quegli anni non vi era alcun progetto di recupero architettonico; un elemento ancor più importante fu la convinzione radicale, soprattutto in ambito psichiatrico, di concludere definitivamente l’esperienza del manicomio, cosa che di fatto implicava il non attardarsi nel preservarne la memoria. Grazie ad un finanziamento della Provincia di Roma nel 1995 è possibile realizzare un primo allestimento dei materiali raccolti, viene così organizzata la mostra La Linea d’Ombra: l’assistenza psichiatrica a Roma dal XVI al XX secolo. A portare avanti questa iniziativa sono quegli stessi operatori sanitari impegnati nel lavoro clinico con i pazienti che si cimentano con la pratica museografica per ricostruire e raccontare una memoria ancora viva e dolorosa. In quel momento la necessità più urgente era quella di accorciare le distanze tra il manicomio e la città raccontando una storia di sofferenza che era sconosciuta ai più, e che con la chiusura rischiava di essere definitivamente dimenticata. L’allestimento era essenziale e tendeva a rimettere in scena lo spazio e il trattamento asilare concentrando in poche sale arredi e oggetti che avrebbero dovuto descrivere la vita dell’intera struttura. Nel 2000, con un finanziamento del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, viene inaugurata una struttura museale che dà collocazione definitiva alla mostra precedente aumentando gli allestimenti e gli spazi espositivi. L’attuale Museo Laboratorio della Mente nasce nel 2008 dalla collaborazione tra il Centro Studi e Ricerche e Studio Azzurro con il contributo della Regione Lazio. L’idea che anima il nuovo progetto espositivo si evince da un passaggio del testo di Studio Azzurro, Musei di Narrazione:
«Molti musei nascono per un lucido disegno istituzionale, altri viceversa sorgono per la perseveranza e la passione di qualche singolo personaggio che, avendo a cuore una memoria, un’eredità culturale, non solo trova le risorse economiche perché l’iniziativa si avveri, ma anche crea le condizioni umane affinché la cosa possa avere vita e sviluppo: volontà, passione, complicità sono infatti fattori essenziali che occorre mobilitare in un’avventura complessa come questa. L’esperienza progettuale e realizzativa del Museo Laboratorio della Mente della ASL Roma E, situato nell’ex ospedale psichiatrico Santa Maria della Pietà a Roma nasce certamente da tutte queste componenti virtuose che, in più, si accompagnano alla particolare adesione che il tema della malattia mentale richiede. Ma nasce anche dal bisogno, in questi tempi di oblio, di mantenere memoria delle modalità ingiuste con cui questa sofferenza è stata affrontata istituzionalmente e dalla necessità di rievocare le soluzioni inedite e rivoluzionarie interpretate dall’esperienza unica di Franco Basaglia.» (Studio Azzurro, 2011, p. 131).
La collaborazione con Studio Azzurro prosegue nel 2012 con la realizzazione di Portatori di storie Da vicino nessuno è normale, ultima installazione del percorso espositivo. Il visitatore ha la possibilità di confrontarsi con le testimonianze di chi oggi si relaziona con una condizione di disagio mentale, può ascoltare quelle storie solo se sceglie di interagire con quelle persone, proiettate in scala reale, che altrimenti, silenziosamente, continuano a passeggiare di fronte a lui. I volti e le storie sono quelli degli operatori dei servizi psichiatrici, degli utenti e dei loro familiari; alcuni di quei volti forse li si può ritrovare appena fuori, nel parco del Santa Maria della Pietà. Oggi il Museo Laboratorio della Mente, inserito nell'Organizzazione Museale della Regione Lazio, continua a porsi come spazio di formazione e trasformazione dove le memorie custodite assumono nuovo valore generando una cultura condivisa del benessere e della salute. Un impegno testimoniato in primo luogo dall'assegnazione di vari riconoscimenti, tra i quali il Premio ICOM Italia 2010, il "Marchio di Qualità" della Regione Lazio, la menzione speciale ricevuta dall’ANMLI nel 2014, ma anche dal costante afflusso di visitatori, dalla collaborazione con istituti scolastici e universitari, con i servizi sanitari e con musei nazionali ed internazionali.
Bibliografia
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Biografie
Vera Fusco. Antropologa e archivista, Servizio Educativo Museo Laboratorio della Mente Asl Roma 1
Francesca Gollo. Designer della Comunicazione, Servizio Educativo Museo Laboratorio della Mente Asl Roma 1
Marco Salustri. Antropologo e curatore, Servizio Educativo Museo Laboratorio della Mente Asl Roma 1
[1] Basaglia, F., Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000.
[2] Queste esperienze museografiche si contraddistinguono per un importante impianto tecnologico, per il ruolo attivo e partecipativo assegnato al visitatore, per l’attenzione nella raccolta e comunicazione del patrimonio immateriale. Cfr. Studio Azzurro, Musei di Narrazione, Silvana Editoriale, Milano, 2011.