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Carmine Piscopo
Massimo Scolari, La torre sepolta, 1981
Con la tradizione del nuovo, nel senso indicato da Rosenberg, non è possibile non fare i conti, anche quando questa “tradizione” risulti ingombrante o tale da doversela lasciare alle spalle. Su questo crinale si ritrova l’architettura oggi, volente o nolente.
Un riscontro è nel convegno Novità e originalità in Architettura, organizzato recentemente ad Aversa da Giovanni Di Domenico (5-8 aprile 2011) presso la Facoltà di Architettura della Seconda Università di Napoli (Dipartimento di Architettura, Scuola di Dottorato in Discipline dell’Architettura).
Il convegno si è costituito su una griglia così intessuta: “lezioni”, ovvero input, inquisizioni di nodi centrali proposti alla luce delle teorie e delle ricerche in svolgimento nell’ambito della composizione architettonica; “materiali”, ovvero raccolta, esposizione e interrogazione critica di progettazioni e ricerche in atto; “tavole rotonde”, confronti dialettici sulle posizioni e sulle esperienze; “seminario dei dottorandi” (ultimo giorno), mostra delle produzioni a opera degli stessi e discussioni aperte e problematiche sulle ricerche svolte, sotto la guida di discussant. Sono intervenuti, insieme col curatore, il Preside della Facoltà di Architettura, Carmine Gambardella, i relatori Cherubino Gambardella, Aldo De Poli, Luca Molinari, Franco Purini, Renato Rizzi, insieme con Roberta Amirante, Luigi Cafiero, Lorenza Capobianco, Francesco Careri, Emanuele Carreri, Alessandra Como, Francesco Costanzo, Corrado Di Domenico, Nicola Flora, Ferruccio Izzo, Pasquale Miano, Carlo Moccia, l’autore della presente nota, Efisio Pitzalis, Massimiliano Rendina. E, ancora, Lamberto Amistadi, Doe Morelli, Fabrizia Ippolito, Gianni Menna. L’ultimo giorno, i protagonisti sono stati i dottorandi delle Facoltà di Aversa, dello Iuav di Venezia, della Federico II di Napoli, dell’Università di Salerno.
Nell’insieme, il discorso proposto, anche se non esplicitamente, ma oggettivamente, è stato attraversato da due tensioni ideali. La prima è quella che si potrebbe dire della transmodernità o ipermodernità, fondata sull’assunzione del nuovo in assoluto come valore e discrimine e, insieme, come leva per far ascendere l’“Erkenntnis” e l’“Erlebnis” verso livelli sperimentali ancora inediti. La seconda è quella dell’esplorazione inesausta e inesauribile dell’origine dell’architettura, per indagarla nei suoi fondamenti, nel suo ripresentarsi alla realtà secondo fenomenologie e declinazioni proprie dell’attualità. Ossia, di un presente, dove si rispecchiano in maniere non facili da decrittare altri tempi e altri eventi, sia già accaduti, sia che devono accadere, ma intanto si lasciano intravedere e sospettare. Così, il valore di un metodo sta nella sua capacità di sollevare interrogativi sepolti, come un terreno dentro il quale il rapporto con l’“origine” si fa continuo rinnovamento e infinita sorpresa.
I referenti delle argomentazioni sono stati, su un versante e sull’altro, i temi della regola e della trasgressione, dello stile e della scuola, della modernità e novità, e della modernità e contemporaneità. L’architettura più frequentemente chiamata in causa è stata quella dei Maestri del Movimento Moderno (Le Corbusier, Gropius, Mies van der Rohe, Loos, Aalto), ma anche quella di chi viene saldando e liquidando i conti oggi con la modernità (Eisenman, Koolhaas, Herzog & de Meuron, Diller e Scofidio, Branzi). La prospettiva ultima non si appoggia ad alcuna conclusione, ma scommette agonicamente sulla razionalità che si interroga mettendo in questione sé stessa, che intanto si viene provando nella sua funzione e legittimità, in un confronto ravvicinato immune da pregiudizi con le pratiche e, soprattutto, con le situazioni oggettive, anche se opache e vischiose. Su tale terreno, la razionalità e il gusto soggettivi giocano le maggiori chance di successo nella misura in cui la soggettività va all’appuntamento, in senso ermeneutico e collaborativo, con la magmaticità dell’esistente in quanto presente, se non emergenziale.
Carmine Piscopo è Professore Associato in Composizione architettonica e urbana presso l'Università Federico II di Napoli
Ole Bouman, Padiglione olandese, XII Biennale di Architettura di Venezia, Venezia 2010