Da molti anni (15 per essere precisi!) insegno nella Facoltà di Architettura di Napoli Federico II, in un Laboratorio di Composizione del primo anno del corso di laurea magistrale in architettura a ciclo unico 5UE (8 crediti + 4 del corso integrato di Teorie della ricerca architettonica contemporanea, 14 settimane di durata). Da 15 anni ho sostituito la
variazione del tema (che è, da 15 anni, sempre lo stesso) con le
variazioni sul metodo (al cui affinamento lavoro, anche per fare onore alla sua etimologia che ha dentro un
odós, un percorso, da cercare e condividere). Nel prefigurare agli studenti la complessità e le contraddizioni dei termini
architettura e
città (da cui, per tradizione italiana, si comincia) il laboratorio ha un duplice obiettivo. Da un lato tende a presentare la natura complessa del progetto di architettura (che si può apprendere solo
facendolo): capace di descrivere e di interpretare l’
esistente (a Napoli così intriso di
memoria, storica e geografica) e a allo stesso tempo di prendere, dall’esistente, la
distanza critica che porta a prefigurare e costruire il
nuovo. Dall’altro punta a scomporre e a “ridurre”
dall’interno questo processo, per consentire agli studenti di riconoscere la natura specifica delle operazioni compositive che ne articolano la sostanziale continuità.
Si parte con la individuazione dei principi, intesi anche come le cose da cui si comincia. Al centro del discorso, sui caratteri delle architetture e delle città, è il tema della contemporaneità come compresenza: ceci tuera cela, (questa cosa – il libro - cancellerà quell’altra – l’edificio), scriveva Victor Hugo in Notre-Dame de Paris; ceci ne tuera pas cela (dentro il futuro ci sarà posto per molte cose diverse, purché ci sia ancora qualcuno che le sa riconoscere), finisce col dire il pensiero contemporaneo. E’ in questa fase del laboratorio che la predeterminazione del tema e della sua interpretazione collettiva si costituiscono come parti di un “patto” tra docenti e studenti: una sorta di sospensione (momentanea e condivisa) del giudizio critico, che consente di individuare un terreno comune di esercizio e di confronto.